Roma, 28 apr – Nella nostra rubrica siamo andati più volte alla ricerca delle antiche culture che popolavano il Mediterraneo antico e, tra queste, nei nostri viaggi abbiamo scoperto le ricchezze archeologiche lasciateci dai Nabatei in Siria o Giordania. Famosissime sono infatti le loro città d’oro di Petra e Palmira, teatro di fortunati lungometraggi cinematografici ma, purtroppo, nel caso della seconda; la regina del deserto siriana, anche di tremendi atti di terrorismo contro l’uomo e la sua storia millenaria. Dall’Eufrate al Mar Rosso, il regno dei Nabatei si tuffava nei ricchi commerci del Mediterraneo, estendendosi fino alle Indie e all’Africa Orientale. Dalle loro meravigliose città fortificate, vere e proprie oasi nei deserti mediorientali, la rete mercantile da essi efficacemente controllata e gestita metteva in comunicazione la Penisola araba con il resto del mondo all’ora conosciuto. Ma quando si parla del mondo di duemila anni fa, un nome su tutti risuona nelle menti: Roma. L’Italia.
I Nabatei in Italia
Commerciando tra l’Oriente, l’Oceano Indiano e l’Italia, sin dalla prima età imperiale i Nabatei stabilirono una propria base all’interno del porto puteolano (Pozzuoli), unica enclave mercantile nabatea al di fuori della madrepatria. All’epoca Puteoli rappresentava il più grande scalo commerciale del Mediterraneo romano, fino alla sua caduta nel V secolo. Tra il XVIII secolo e gli anni Ottanta del Novecento, a più riprese, vennero riportate in luce basamenti e lastre iscritte, molte delle quali con dediche in latino al dio tutelare nabateo Dusares. I preziosi reperti sono stati rinvenuti praticamente tutti sui fondali marini di Pozzuoli e, oggi, si possono ammirare nelle collezioni dei Musei di Napoli e del Castello Aragonese di Baia.
Alla ricerca del tempio perduto
Oggi il mondo archeologico festeggia una nuova straordinaria scoperta avvenuta nella già ricchissima Campania. Si tratta di un antico tempio nabateo, con altari in marmo, da poco rinvenuto nel golfo di Pozzuoli, fratello “minore” del confinante e più celebre golfo di Napoli. “I due altari marmorei di epoca romana, databili alla prima metà del I secolo d.C., sono inseriti all’interno del grande Tempio dei Nabatei, ora sommerso”. Questo è quanto si legge in un comunicato diffuso dal ministero della Cultura, anche se ancora non è chiaro quando o se le antiche rovine verranno rimosse dal fondo del mare. “Si tratta di un risultato straordinario, frutto della collaborazione tra gli organi periferici del Ministero dei Beni Culturali, il mondo accademico e scientifico della regione e l’Arma Subacquea dei Carabinieri di Napoli. – continua la nota – L’antica Puteoli (Pozzuoli) svela un altro dei suoi tesori, di cui finora non si conosceva l’esatta ubicazione, che testimonia la ricchezza e la vastità degli scambi commerciali, culturali e religiosi nel bacino del Mediterraneo nel mondo antico”.
Puteoli enclave nabatea
La recente scoperta getta ora nuova luce sulla planimetria antica del porto di Pozzuoli, rivelando come gli edifici sacri della comunità nabatea fossero a strettissimo contatto con le lunghe file di magazzini destinati a stoccare le numerose merci in transito nel porto, dirette verso la Campania o dirottate verso Roma. “Questi ritrovamenti portano a cinque il numero totale di lastre e basi d’altare nabatee rinvenute in quest’area della città sommersa da quando la prima fu scoperta nel XVIII secolo. Chissà quanti altri segreti e misteri ancora custodiscono i fondali melmosi del golfo di Pozzuoli; rovine e reperti inviolati dall’uomo, potrebbero essere stati protetti da pesci e correnti marine per due millenni, aggiungendo nuove pagine di storia alle antiche civiltà del Mediterraneo.
Andrea Bonazza