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Voli oceanici e ancora deserti: la farsa dei mondiali 2030 e 2034

by Marco Battistini
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Roma, 13 dic – Se pensavate che con l’assegnazione del mondiale 2022 – quello disputato tra mille polemiche in Qatar – la Fifa avesse toccato il fondo, vi sbagliavate di grosso. La Fédération Internationale de Football Association ha infatti ufficializzato in settimana le assegnazioni per le edizioni 2030 e 2034. Si festeggerà il secolo iridato tra Spagna, Portogallo, Marocco, Argentina, Paraguay e Uruguay (sì, avete letto bene: nel menù c’è questo minestrone), mentre quattro anni più tardi si tornerà a giocare nel deserto. Per la precisione in Arabia Saudita. Ma andiamo con ordine.

La folle versione itinerante

Ora, il mondiale itinerante può anche non piacere, essere poco tradizionale, ma  non è di certo una novità. Lo abbiamo imparato a conoscere in Corea del Sud e Giappone (correva l’anno 2002: l’acqua santa del Trap e i fischi cornuti di Byron Moreno), ci prenderemo maggiore confidenza con Canada, Messico e Stati Uniti nell’ormai vicino 2026

Rappresentazione plastica dei tempi che cambiano: in passato organizzare una manifestazione di tale portata significava per ogni singola Nazione poter dimostrare al globo la propria potenza. Oggi al contrario si va alla ricerca di sinergie su scala più larga. Va da sé che, viaggiando con l’immaginazione, una versione mediterranea oppure euro-latina del mondiale (con l’Italia al posto rispettivamente di Portogallo e Marocco) avrebbe anche avuto il suo innegabile fascino. 

Qualcuno giustamente osserverà che, non avendo ricevuto altre candidature rispetto a quella presentata congiuntamente da iberici, lusitani e magrebini (che già provarono il colpo in solitaria proprio per il 2026), la federazione fondata a Parigi nel maggio 1904 si è trovata davanti a una scelta obbligata. Ma perché allora forzare con la retorica del centenario assegnando il contentino di una partita a testa alle tre sudamericane? Una decisione incomprensibile da qualunque parte la si voglia analizzare. In particolar modo se pensiamo all’illogica logistica a cui saranno sottoposte sei delle quarantotto nazionali.

Mondiali 2030 e 2034: è già polemica

Ma alla questione di distanze puramente geografiche subentrano poi motivi regolamentari. L’edizione del 2030 vedrà infatti impegnate nell’organizzazione tre confederazioni continentali. Le quali, giocoforza, sono tagliate fuori dal mondiale 2034 – e da quello del 2038. Escludendo pure la Concacaf, che ospiterà il tutto tra diciotto mesi, ecco come si è spalancata la porta al secondo mondiale da contendersi nel deserto

A pensare male si fa peccato. Ma rimane un dato di fatto anche l’inaspettato anticipo del termine di scadenza per i potenziali organizzatori. Il tutto ovviamente a candidatura dell’Arabia Saudita già avvenuta. Eppure il quartetto formato da Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile aveva sondato il terreno. E qualcosa si era mosso anche dall’Australia (in un altrettanto folle progetto – va detto – con le distanti Indonesia, Singapore e Malesia).

Clima e religione 

Le polemiche, ci scommettiamo, non finiranno qui. Da una parte è già iniziata la narrazione degli avveniristici impianti che ospiteranno la venticinquesima edizione dei campionati mondiali di calcio. Dall’altra ancora non sappiamo quando effettivamente si dovrà scendere in campo. Qui entra sul rettangolo verde il fattore climatico. Perché se ragionevolmente si dovrebbe evitare la torrida estate saudita, le squadre europee non vogliono fermarsi – ancora una volta – in un momento tanto cruciale della stagione. 

Capitolo religione. Chi “tifa” per un altro mondiale invernale dovrebbe però fare i conti anche con il Ramadan. Nel 2034 inizierà a metà novembre per terminare nella prima decade di dicembre. Ovvero in quel lasso di tempo nel quale si disputò Qatar 2022. È il deserto che avanza, anche ai vertici della Fifa.

Marco Battistini

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