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Nba punta tutto sulla propaganda anti-razzista. E gli ascolti crollano a picco

by Lorenzo Berti
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Nba, basket

Los Angeles, 12 ott – Si è conclusa con la conquista del titolo da parte dei favoriti Los Angeles Lakers una delle stagioni più difficili nella storia della North American Basketball League (Nba), il campionato di basket professionistico americano. A complicare la situazione per gli organizzatori infatti non c’è stata solo l’emergenza Covid, che ha ritardato l’inizio dei play-off di quattro mesi, ma anche un inaspettato crollo degli ascolti.

Calo di ascolti senza precedenti

La terza partita della finale play-off tra Los Angeles Lakers e Miami Heat è stata seguita da 5,9 milioni di telespettatori americani, il dato peggiore dal 1982 quando le finali hanno cominciato ad essere trasmesse in diretta televisiva nazionale. E la crisi non si limita solamente alle partite di finale: secondo quanto riportato da The Athletic, il broadcaster più diffuso che trasmette la Nba negli Stati Uniti, le partite quest’anno hanno registrato un 45% di spettatori in meno sulla rete televisiva Abc (su Tnt il calo è del 40% e su Espn del 20%) rispetto a un’altra stagione ‘anomala’ come quella 2011-12, ridotta a 66 partite di stagione regolare (invece delle consuete 82) e cominciata con oltre due mesi di ritardo a causa di contrasti nel rinnovo del contratto collettivo tra società e giocatori. Non solo, gli ascolti tv registrati nella seconda parte di stagione sono anche più bassi rispetto alla prima parte, quella pre-Covid.

La politicizzazione pro-Blm non paga

Cosa è successo al campionato di basket più spettacolare del mondo? Tutti i principali network sportivi statunitensi si sono ovviamente interrogati sul tema. A rendere meno appetibile il prodotto può essere stata l’assenza di pubblico sugli spalti e il contesto particolare, con i play-off interamente disputati in un palasport a Disney World in Florida. Così come può aver influito la concorrenza contemporanea, a causa dei ritardi imposti dal Covid, degli altri principali campionati sportivi americani (football, baseball e hockey), che tuttavia non hanno risentito del medesimo drastico calo della Nba. Ma è probabilmente un’altra la motivazione principale, ovvero l’eccessiva esposizione della Nba e di alcuni dei suoi più significativi giocatori a sostegno del controverso movimento Black Lives Matter.

La iper-politicizzazione del campionato è cominciata con lo sciopero dei giocatori in seguito al ferimento da parte della polizia dell’afroamericano Jacob Blake, proseguendo con le proteste durante l’inno nazionale eseguito prima di ogni partita. La Nba decide di accogliere le richieste degli atleti (o meglio di una loro parte, visto che alcuni si sono rifiutati di prendere parte a queste sceneggiate) permettendo di apporre messaggi anti-razzisti sulle maglie da gioco e dipingendo sul parquet la sigla “Black Lives Matter”.

Ritorno alla normalità nella prossima stagione

Tutta questa strumentalizzazione politica ha senza dubbio infastidito buona parte dei telespettatori, sicuramente quelli di tendenza repubblicana ma anche molti semplici appassionati di sport. Tra i sostenitori più fanatici dei Blm vi è la stella dei Lakers, LeBron James, che spesso ha duramente attaccato il presidente americano Trump e al quale The Donald ha recentemente risposto per le rime durante uno show televisivo: “LeBron è un portavoce dei democratici. Un portavoce molto cattivo. Anche perché, ancora una volta, io ho fatto tanto per la comunità nera. Lui è un grande giocatore di basket, ma le persone non vogliono vedere un ragazzo esporsi in quel modo. Non vogliono vederlo. Abbiamo già abbastanza difficoltà durante la settimana, la gente non si vuole sedere sul divano per guardare una partita di basket e poi vedere qualcuno che odia le persone. E lui odia”.
Anche i vertici Nba sembrano essersi resi conto del passo falso commesso. Il commissioner della lega Adam Silver, recentemente intervistato dal New York Post, si dice dubbioso che nella prossima stagione i giocatori potranno ancora indossare messaggi anti-razzisti sulle loro maglie e che il logo Blm non dovrebbe essere sui parquet delle arene.

Lorenzo Berti

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1 commento

Primula Nera 12 Ottobre 2020 - 6:59

Appunto,proprio quello che dicevo nell’articolo riguardante l'”Oreo”.L’unica risposta possibile verso certe derive ultraprogressiste è solo il boicottaggio.
Gli Americani di tendenza conservatrice sembra che l’abbiano capito…

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