Roma, 1 dic – “I gay sono benvenuti in Qatar, ma devono evitare effusioni in pubblico. E’ l’unica indicazione da rispettare”. E’ quanto dichiarato da Nasser al Khater, direttore esecutivo del comitato organizzatore dei Mondiali di calcio 2022, in risposta al calciatore australiano Josh Cavallo. Quest’ultimo il mese scorso aveva fatto coming out, dicendo poi che avrebbe “paura ad andare a giocare” in una nazione araba in cui l’omosessualità è sulla carta punibile con la pena di morte.
“In Qatar i gay sono benvenuti, a una condizione…”
Al Khater, intervistato da Cnn e Indipendent, ha poi precisato che “gli omosessuali possono venire in Qatar come qualsiasi altro tifoso e possono comportarsi come qualsiasi altra persona. Quel che dico, semplicemente, è che dal punto di vista della percezione dell’affettività in pubblico, la nostra è una società conservatrice“. Affermazioni destinate ad alimentare nuove polemiche sui prossimi Mondiali di calcio in Qatar, dove per la prima volta nella storia si giocherà in pieno inverno.
E’ pronto il ballo dell’ipocrisia
Eppure, come spesso accade, si farà un gran baccano – peraltro fuori tempo massimo – su certe questioni, senza concentrarsi davvero sul vero scempio ormai compiuto. Perché quando l’emirato del Golfo venne scelto come sede dell’evento sportivo più seguito al mondo, sapevano tutti benissimo qual era – e quale sarebbe stata anche nel 2022 – la situazione. Sapevano tutti benissimo che il Qatar non è esattamente la patria dei diritti civili, come non lo è di quelli sociali, politici. Allora però nessuno osò mettere in discussione quella sede, come nessuno mette mai in discussione la natura di quel regime oscurantista allorché si tratta di stringerci lauti affari.
Adesso insomma assisteremo a una canea ipocrita della peggior specie. Sulla falsa riga di quella andata in scena a giugno per le celebrazioni social del Pride month. In quel caso le multinazionali più “inclusive” si dimenticarono di colorare con i colori arcobaleno i loro account dei Paesi arabi. Non abbiamo la sfera di cristallo, ma siamo pronti a scommettere che tra un anno esatto gli spot delle stesse multinazionali campeggeranno sui cartelloni degli stadi qatarioti.
Alessandro Della Guglia
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