Roma, 16 nov – Chi vi scrive è un grandissimo appassionato di maglie da calcio e di wrestling. Ma che è francamente rimasto basito dalla collaborazione tra la leggenda della WWE The Undertaker (al secolo Mark William Calaway) e la più antica squadra di calcio italiana, vale a dire il Genoa Cricket and Football Club. Ma andiamo con ordine.
Undertaker e il Genoa
Un mese fa circa Undertaker inizia a seguire la pagina Instagram del club rossoblu e la cosa stupisce un po’ tutti. Il Genoa riporta la notizia ma sembrava un fatto del tutto estemporaneo. Invece molto probabilmente era già stato tutto preparato da tempo. Perché la terza divisa ufficiale del Genoa è nera (ricordiamo, per chi fosse totalmente a digiuno del personaggio, che The Undertaker interpreta nel wrestling la figura di un becchino del Far West). Ed ecco che ci viene mostrato un particolare video con rintocchi di campane a morto (la tipica musica di entrata sul ring del “becchino”), una Genova oscura ed infine comparire la sua sagoma. Nei giorni successivi poi tutto è stato svelato chiaramente. Con The Undertaker ad indossare la divisa con tanto di nome sulla schiena, divisa denominata in maniera appropriata “The Dark Side of Genoa”.
Dal punto di vista commerciale assolutamente nulla da dire. La maglia, che tra l’altro è molto bella, sarà sicuramente un successo, anche perché, usando una figura così popolare abbinata ad un club storico, sono certo riscuoterà enorme successo in tutto il mondo. Anche tra chi non tifa minimamente il club genovese. Ma dal punto di vista della tradizione calcistica? Ecco allora che è giusto fare anche qui un po’ d’ordine.
Le maglie da calcio: una divisa da lavoro
Per oltre un secolo le maglie da calcio sono state esclusivamente una divisa da lavoro. Né più né meno. I club ne avevano due, una da casa e una da trasferta. Ma a nessuno venne mai in mente che potessero diventare un oggetto di interesse per il pubblico, figuriamoci un qualcosa che potesse divenire di culto. Poi nel 1975 al Leeds United venne la pensata che ai tifosi potesse far piacere possedere la maglia della propria squadra e iniziarono così a venderle nel proprio stadio: fu un successo immediato e clamoroso! Ben presto tutto il mondo britannico seguì l’esempio del club dello Yorkshire, iniziando a mettere in risalto, oltre al logo della squadra, anche il marchio del produttore. Fino ad arrivare agli anni ’80 con gli sponsor sulla maglietta (anche se i primi furono già nel 1973 i tedeschi dell’Eintracht Braunschweig con Jägermeister).
In Italia l’idea di commercializzare le divise da calcio venne invece nei primi anni ’80 a Maurizio Vitale con il suo marchio Robe di Kappa, allora produttore delle maglie della Juventus. Decise di usare Antonio Cabrini, detto il “Bell’Antonio”, come modello ed il gioco fu fatto. Ovviamente ben presto anche da noi tutti seguirono la vincente onda.
Fatturati da record
E dopo quarant’anni ecco che il mercato delle maglie da calcio è divenuto planetario con fatturati da record. Tanto che ormai terza e quarta maglia sono praticamente all’ordine del giorno. Non solo: le società, avendo visto l’interesse del pubblico nei confronti di divise ormai introvabili dei decenni passati, si sono messe a produrre ristampe di praticamente qualsiasi cosa il club abbia mai indossato. Eccoci poi arrivare a vere e proprie storture spinte dal politicamente corretto. Come maglie inclusive, LGBTQ, maglie dedicate alle comunità delle più disparate minoranze, maglie con riferimenti oscuri o proprio tirati per i capelli a luoghi o personaggi legati alla città etc. etc. Il caso più clamoroso (e francamente ridicolo) è quello del Napoli in alcune recenti stagioni, dove è arrivato a superare la dozzina di maglie diverse per campionato. Con tanto di divisa per Natale, per Halloween, per San Valentino…
Per concludere quindi da dove siamo partiti, direi che si è decisamente giunti al “salto dello squalo” (espressione derivante da Happy Days e che fa riferimento a quando una serie tv entra in una fase di decadenza irreversibile). Quindi tutto sommato la scelta del Genoa con The Undertaker non è nemmeno tra le peggiori. Anche perché tocca la terza maglia che praticamente esiste già solamente per mere ragioni commerciali. Per quanto mi riguarda la sacralità andrebbe mantenuta per le prime due divise, ma – ahi noi – già non è più così quasi un po’ ovunque.
Roberto Johnny Bresso