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Le folli libagioni di Paul Scarrott

by Roberto Johnny Bresso
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scarrott, hooligan

Milano, 30 lug – Settimana scorsa ci siamo occupati del leader dei Chelsea Headhunters Stephen Hickmott, che fece della strategia e del basso profilo un suo modo di vivere le gradinate, mentre oggi ci occuperemo praticamente del suo opposto, di una figura che ha fatto della pazzia e dell’eccesso il suo unico modo di vivere il Nottingham Forest, la nazionale inglese e la sua intera breve esistenza. “Il Re dei teppisti era proprio ubriaco”: così titolava La Repubblica il 6 giugno 1990 all’indomani dell’arresto preventivo e del successivo rimpatrio dall’Italia all’Inghilterra di Paul Stephen Cooper Scarrott, di Calverton, Nottingham, all’epoca trentaquattrenne. Per lui le notti magiche di Italia ’90 erano finite prima ancora di cominciare. Avvolto nella Union Jack e con un bottiglione di Frascati da 5 litri si era fatto beccare in Stazione Termini a Roma, mentre degustava il suo vino in compagnia di alcuni clochard. Ma perché tutto questo clamore, con tanto di questore e stuolo di giornalisti di tutto il mondo a riprendere quella che sembrava una banalissima operazione di prevenzione come tante? Addirittura le immagini del suo arresto aprirono i telegiornali di Sua Maestà.

Paul Scarrott, “il più grande teppista del mondo”

Perché Paul Scarrott non era un hooligan qualunque: Paul Scarrott rappresentava il volto degli hooligans in quegli anni, o, meglio, il volto che i media davano ad un hooligan. Lo Scarrott personaggio mediatico è tutto nei filmati del suo rimpatrio: sguardo perso nel vuoto, pantaloncini corti e baffo fuori moda, quasi a sembrare un giovane Salvador Dalí. Un personaggio che egli stesso aveva contribuito a creare vendendo falsi scoop ai tabloid per poche sterline necessarie a tirare avanti, per lo più ingurgitando pantagrueliche quantità di alcol. In quelle interviste, a metà tra il serio e il faceto, amava definirsi il più grande teppista del mondo e che sarebbe giunto in Italia per scontrarsi con chiunque si fosse posto dinanzi a lui, quasi come una sorta di moderno cavaliere medioevale senza macchia e senza paura. Ecco quindi che la sua nomea lo precedette e in Sardegna, base dell’Inghilterra nel primo turno, non ci arrivò mai. E molto probabilmente già lo sapeva.

Ma lo Scarrott del 1990 era già una figura nella fase discendente della sua parabola, quasi una macchietta ormai, tanto che anche La Repubblica ne parla praticamente con tono bonario di compassione, non come se avesse davanti una specie di Pirata Barbanera. Ma pensare che lui fosse solo questo è del tutto fuorviante: Paul, prima di diventare un personaggio pubblico, è stato veramente parte della storia del tifo violento inglese. Il compianto Chris Henderson dei Chelsea Headhunters, nonché voce dei Combat 84, nel suo libro autobiografico parla di lui come di un vero psicopatico che negli anni ’80 era presente ad ogni trasferta della nazionale inglese. Spesso si presentava, regolarmente sbronzo, indossando un sombrero ed era sempre il primo a partire quando c’erano problemi con le tifoserie avversarie e la polizia. Per questo, e per la sua proverbiale simpatia ed affabilità, si era fatto ben volere ovunque, al di là delle rivalità tra le singole tifoserie della terra d’Albione. Sempre Henderson ricorda un fantastico aneddoto su di lui: era talmente pazzo da essere riuscito a farsi arrestare per teppismo pure rimanendo seduto comodamente sul divano di casa! Stava infatti guardando una partita dei Tre Leoni in televisione quando, per la rabbia scaturita da un goal subito dall’Inghilterra, scaraventò fuori dalla finestra il piatto con la sua cena, sfortunatamente colpendo in testa un’ignara signora che passeggiava tranquillamente sul marciapiede sottostante.

Grandissimo tifoso del Nottingham Forest, era uno dei leader della Forest Executive Crew ed il suo nome dalle parti di City Ground è ancora sinonimo di leggenda e pronunciato con il massimo rispetto. Riusciva perfino a creare disordini quando andava a vedere giocare il fratello in una squadra amatoriale.

“Un pazzo furibondo”

Purtroppo, come abbastanza logico, la sua non è una storia a lieto fine: come già detto precedentemente, nel 1990 era già ridotto parecchio male e gli anni successivi accelerarono il suo decadimento fisico e mentale. In Inghilterra c’era sempre meno spazio per gli hooligans, figuriamoci per uno come lui che aveva collezionato ben tredici arresti in ambito calcistico. Senza un soldo e sempre più schiavo della bottiglia, a metà anni ’90 si trasferì, sotto il falso nome di Paul Cooper, a Barcellona, dove condusse l’esistenza del senzatetto, elemosinando soldi dai turisti per poter bere. Nel 1996, all’età di 40 anni, dopo un’ultima mastodontica bevuta il suo cuore cedette e venne trovato morto per strada e fu identificato solamente grazie al tatuaggio “Forest” che aveva all’interno delle labbra. in Italia la sua dipartita fece smuovere persino La Gazzetta dello Sport, che scrisse che il buon Scarrott fosse morto dopo una notte di folli libagioni e che ora tutte le tifoserie europee stessero organizzando dei tafferugli durante gli imminenti Europei in Inghilterra per onorarne la memoria. Ovviamente non c’era alcunché di vero, ma è sintomatico di quanto il suo mito gli fosse sopravvissuto. Del resto lui stesso sembra rappresentare bene il motto del grande regista di western John Ford: “Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”.

Il suo cadavere comunque non venne mai reclamato da nessuno e questo è forse il suo ultimo scherzo: lui, che aveva perennemente il passaporto sequestrato per impedirgli di lasciare l’Inghilterra, riposerà per sempre lontano da essa.

E vogliamo ricordarlo con questo altro aneddoto che sembra essere uscito dalla sceneggiatura di un film.

“Paul Scarrott era un pazzo furibondo. Si presentò alla partenza del pullman in occasione di una trasferta per la Spagna in poncho e sombrero. Bevette per tutto il viaggio. Non gli avresti dato due sterline. Eppure, all’arrivo della Guardia Civil armata come per una guerra, fu il primo a scendere dal pullman. E vi fece ritorno solo in manette. Felice come un bambino il giorno di Natale”.

Roberto Johnny Bresso

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