Torino, 6 mag – Non concedere nulla, colpire quando se ne ha l’occasione: in fondo la ricetta per battere le grandi squadre è semplice. Semplice per modo di dire, ovviamente.
Contro il Real Madrid, nella semifinale d’andata di Champions League di ieri sera, la Juventus ha concesso due sole palle agli spagnoli: la prima è finita nella rete alle spalle di Buffon, la seconda si è stampata sulla traversa. Di occasioni agli avversari, invece, i madridisti ne hanno concesse parecchie. Tevez e compagni ne hanno sfruttate due e va bene così.
Finisce 2-1, allo Juventus Stadium, e forse rispetto ai pronostici per il passaggio del turno cambia poco: al Real basterà vincere 1-0 per aggiudicarsi il pass per Berlino e dato che Cristiano Ronaldo segna almeno un gol a partita…
Insomma, l’impresa della Juventus non è tale perché garantisca chissà che sogni tranquilli a Massimiliano Allegri. È più l’aspetto simbolico che colpisce. Battere i campioni d’Europa in carica, essere tra le prime quattro e dimostrare di starci con merito, guardare negli occhi Cr7 e sostenere lo sguardo di sfida senza più timori reverenziali.
Indubbiamente fortunata nei precedenti sorteggi che l’avevano messa contro Borussia Dortmund e Monaco (ammesso e non concesso che agli ottavi e ai quarti di Champions la fortuna esista davvero), la squadra bianconera ha dimostrato di non essere una miracolata.
Dal punto di vista tecnico, tattico e caratteriale, la Juve c’è, ora l’ambiente lo sa. Così come sa che il match di ritorno potrebbe ribadire le gerarchie europee consolidatesi negli anni, quelle gerarchie che hanno fatto esultare i giornalisti spagnoli quando il Real ha trovato nell’urna la compagine bianconera.
Ma nessuna gerarchia è eterna, tutto sta a vedere se il momento del ribaltone sia già arrivato o meno. Vada come vada, un punto fermo lo si può già mettere: la Juve di Allegri, la Juve di Tevez e Morata, di Chiellini e Bonucci, di Pirlo e Pogba, sta costruendo qualcosa di importante.
La consapevolezza mostrata sia in campo che fuori, la capacità di non esaltarsi dopo il vantaggio e di non farsi schiacciare dopo il pareggio madridista, lo sguardo sereno e anzi vagamente accigliato di Allegri dopo la vittoria, la serenità olimpica di Buffon nel dopopartita – tutto testimonia la maturazione di una mentalità vincente anche a livello europeo. Ora si tratta solo di colmare il vuoto fra mentalità vincente e vittorie concrete. Semplice, no?
Adriano Scianca