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Il personalissimo cartellino di Rino Tommasi

by Roberto Johnny Bresso
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Roma, 11 gen – In un’epoca nella quale il giornalista, sportivo e non, è nella maggior parte dei casi poco più che uno scribacchino dedito a ripetere le veline fornitegli dai suoi padroni, è doveroso rendere il giusto omaggio alla scomparsa, all’età di 90 anni, di Rino Tommasi. Uno che definire giornalista è assai riduttivo. Va messo insieme a Beppe Viola e Gianni Brera nelle ristretta cerchia dei letterati che si sono occupati di sport. Conferendogli tutta la nobiltà che questa arte merita.

La passione per l’Hellas Verona

Nato a Verona il 23 febbraio 1934, è fin da bambino un grande appassionato di calcio e soprattutto dell’Hellas Verona, che segue assiduamente dalle gradinate del Bentegodi. Rimarrà per tutta la vita un grande appassionato di calcio, ma la sua carriera giornalistica sarà invece sempre soprattutto legata al tennis e alla boxe.

Era dotato di un cervello essenzialmente matematico, capace di sciorinare numeri su numeri, tanto che qualcuno ha detto che sia stato Wikipedia prima di Wikipedia. Ma il paragone non gli rende affatto giustizia. Rino inquadrava i freddi numeri e fatti all’interno di una narrazione epica e classica, capace di far appassionare agli eventi che si trovava a narrare anche i meno avvezzi alla disciplina.

Le telecronache di Rino Tommasi

Rino Tommasi poi per me significa parte della mia fanciullezza e adolescenza, quando mio nonno, da grande appassionato della nobile arte, si alzava di notte per seguire le sue telecronache dei leggendari incontri di Marvin Hagler, Evander Holyfield o Mike Tyson e, dopo ogni round, ci faceva sapere chi fosse in vantaggio sul “mio personalissimo cartellino” (espressione divenuta iconica). Oppure quando nel tennis, il tennis che ho amato, quello di Boris Becker, Stefan Edberg e Ivan Lendl, formò quel sodalizio inscindibile con l’amico Gianni Clerici.

Le loro telecronache erano appassionanti quasi quanto l’evento in sé. Non erano sport. Bensì poema omerico e io ragazzino fantasticavo di essere in quelle strade magnetiche delle periferia londinese di Wimbledon a mangiare le fragole con la panna (la birra per me sarebbe arrivata qualche anno dopo…), prendendo nota dei suoi “circoletti rossi”, antesignani degli highlight odierni. Rino Tommasi sembrava sapere tutto di ogni cosa come un moderno Pico della Mirandola, ma non te lo faceva pesare come un borioso solone universitario. Anzi il suo linguaggio era sì aulico se necessario, ma anche da uomo del popolo.

Una pacata competenza

Ancora pensando a lui torno a TV Koper-Capodistria. Mi innamorai del calcio inglese e poi di tutti gli sport che un ragazzino potesse sognare di guardare. Una volta divenuta Tele+ ne fu il primo direttore dei servizi sportivi, rivoluzionando di fatto il modo di trasmettere lo sport sul piccolo schermo. E dando spazio anche alle discipline meno conosciute. Purtroppo il mondo stava cambiando ed il giornalismo con esso. La pacata competenza di uno come lui venne messa da parte per dare spazio al modo sensazionalistico e gossipparo di narrare gli eventi. Ed ecco che lui venne sostituito da Aldo Biscardi, che dello spettacolo cialtronesco ne era alfiere.

Rino Tommasi purtroppo lottava ormai da quindici anni contro il morbo di Parkinson, quindi sparì del tutto dalla televisione e da un mondo al quale comunque ormai non apparteneva più. Se mai un giorno il giornalismo dovesse tornare ad essere attività seria mi posso solamente augurare che, a chi decidesse di intraprendere questa professione, vengano fatte ascoltare anche le sue telecronache.

Roberto Johnny Bresso

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