Roma, 5 dic – “Capitani coraggiosi” è un famoso romanzo di fine ‘800 firmato dalla penna di Joseph Rudyard Kipling. Racconta la storia di un ricco bambino americano a cui non manca nulla: imparerà il valore della fatica (e del denaro) solamente passando per una disavventura – l’essere caduto dalla nave durante una traversata oceanica – e grazie all’esempio degli uomini di mare, umili pescatori che lo salvano dalle mortali acque dell’Atlantico. “Capitani controcorrente” potrebbe essere invece il titolo dell’ultima settimana di Premier League. Il massimo campionato di calcio inglese ha imposto alle squadre un bel – si fa per dire – lavaggio arcobaleno. Il problema è che qualcuno ha detto no. Ma andiamo con ordine.
Il mezzo flop della campagna Rainbow Laces
L’iniziativa della discordia si chiama Rainbow Laces. In cosa consiste ce lo spiegano direttamente dai piani alti del pallone d’Oltremanica: “i nostri club si uniranno tra il 29 novembre e il 5 dicembre per mostrare il proprio supporto a tutte le persone Lgbt”. Tra le misure imposte agli atleti l’utilizzo di particolari fasce da capitano arcobaleno.
Tutti d’accordo? Neanche per sogno. Marc Guehi del Crystal Palace – il difensore ivoriano naturalizzato inglese è da un paio d’anni punto fisso dei Tre leoni – nella gara di sabato contro il Newcastle ha “corretto” il simbolo identificativo scrivendo “I love Jesus”. Figlio dei ministri di una chiesa londinese, nonostante il suggerimento della Football Association – che vieterebbe messaggi politici e religiosi, condizionale d’obbligo vista comunque la portata della campagna – il classe 2000 è andato avanti per la sua strada. “Jesus loves you” ha recitato il suo braccio sinistro martedì sera.
I rifiuti di Morsy e Mazraoui
Per l’occasione le aquile rossoblu hanno affrontato l’Ipswich Town. Qui gioca Sam Morsy, trentatre primavere. Centrocampista poliedrico dalla lunga gavetta, ha militato in passato per la selezione egiziana. Segni particolari: bandiera della Palestina sul profilo Instagram, musulmano praticante. L’unico tra i venti capitani della Premier League a rifiutare la fascia politicamente corretta. Anche in questo caso motivazioni religiose. Ma, cortocircuito nel cortocircuito, il padre di Guehi nel difendere la legittima scelta del figlio ha accusato – seppur senza citarlo – proprio Morsy.
Curriculum diverso (Ajax, Bayern Monaco, Manchester United) ma valutazioni simili per il marocchino Noussair Mazraoui. Domenica i Red Devils avrebbero dovuto scendere in campo per il riscaldamento con una specifica giacca a tema fornita dallo sponsor tecnico. Così non è stato perché la maggioranza della squadra si è dimostrata solidale alle intenzioni del terzino magrebino.
Premier League arcobaleno: il ruolo di Stonewall
I tre casi, ovviamente, hanno generato polemiche. Ma, va detto, fino a un certo punto. In Italia persino Repubblica l’ha semplicemente definito uno “slalom dei capitani tra fede e diritti”. Se i toni non si sono scaldati oltre misura lo si deve quindi a un ‘piccolo’ particolare con il quale l’opinione pubblica pettinata ha dovuto fare i conti. A loro volta infatti Guehi, Morsy e Mazraoui fanno parte di altre minoranze. Il primo è un giocatore di colore, mentre il secondo e il terzo – entrambi nordafricani – seguono una religione che in Inghilterra riunisce il 6,7% della popolazione. Storie di equilibri instabili, finale scontato per forzature ideologiche che non trovano reale riscontro nella società (più o meno) profonda.
Ci stavamo quasi dimenticando. La campagna non è stata inventata di sana pianta dalla Premier League. Trattasi piuttosto della celebrazione di un’iniziativa più ampia promossa da una realtà che collabora da diversi anni con i vertici del campionato inglese. Si chiama Stonewall, riceve da tre decenni “cospicui finanziamenti pubblici e privati” e viene definita dal Foglio come “potente gruppo di pressione lgbtq+”. Ce la descrive in maniera dettagliata Douglas Murray, giornalista britannico e omosessuale dichiarato: “un comitato d’affari al servizio della lobby trans per continuare a intercettare fiumi di soldi e giustificare la propria esistenza”. Cosa succede quando l’organizzazione arcobaleno più influente d’Europa incontra il campionato più ricco del mondo?
Marco Battistini