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Igor Netto, il capitano italiano dell’Unione Sovietica

by Marco Battistini
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Roma, 18 ago – La prima nazione europea a riconoscere ufficialmente l’Urss – si sa – è stata l’Italia fascista. Era il 7 febbraio 1924 e pochi giorni prima un nostro connazionale aveva presenziato ai funerali di Lenin: si trattava di Nicola Bombacci, già fondatore del Partito Comunista. Di lì a poco inizierà a lavorare per l’ambasciata russa nell’Urbe, servendo poi, fino alle estreme conseguenze, “l’unico socialismo dal volto umano”. A proposito di italiani in Russia: qualche anno più tardi, proprio a Mosca, nascerà da una famiglia di origini marchigiane – o venete, secondo alcune fonti – una futura leggenda del calcio sovietico. Stiamo parlando di Igor Netto (1930-1999), ovvero il più forte centrocampista che si sia mai visto da quelle parti.

Bandiera dello Spartak Mosca

Cresciuto nella città delle quaranta fortezze, fin dalla giovane età si appassiona al calcio, praticandolo nei mesi più miti dell’anno. La passione invernale infatti rispondeva al nome di hockey su ghiaccio, sport abbandonato con l’emergere del talento pedatorio. Igor Netto debutta con lo Spartak Mosca nel 1949, società espressione di un sindacato operaio a secco di vittorie da ormai un decennio. Forte di un fisico possente, dinamico e predisposto allo sforzo, l’atleta dal sangue italiano trova il proprio habitat nel bel mezzo del campo.

Centrocampista difensivo evoluto nel tempo in giocatore più offensivo, si allungherà la carriera – sempre vestendo la stessa maglietta – trasformandosi in un elegante libero. Mancino educato, cervello tatticamente intelligente (e dalla grande visione) predicò l’uso massivo delle trame palla a terra ben prima della creazione del tiki-taka. La sfera, d’altronde, andava giocata – anche rischiando – sull’uomo. E non verso la folla.

Fin dagli esordi guida tecnica e caratteriale per il resto dell’undici: con il primo campionato conquistato nel 1952 arriverà anche la chiamata nella nazionale russa. E di lì a poco – nonostante la presenza di colleghi decisamente più vecchi – la fascia da capitano della stessa selezione. In totale saranno cinquantaquattro gettoni e quattro reti.

Igor Netto: le vittorie con l’Unione Sovietica

Lo hanno definito un calciatore in anticipo rispetto al suo tempo. Fin dagli esordi (la seconda presenza è un rocambolesco 5-5 alle Olimpiadi di Helsinki) l’esperienza con la maglia rossa “firmata” Cccp è segnata  dalla rivalità – sentitissima per ovvi motivi politici – con la Jugoslavia. Come ai giochi australiani del 1956, quando tra le 98 medaglie conquistate dai russi troviamo anche l’oro del calcio. Igor Netto e soci si imposero infatti in finale contro i balcanici.

Meno fortunata la prima esperienza mondiale (Svezia 1958): un infortunio al ginocchio nella prima partita costringe l’italo-sovietico a saltare il resto della competizione. Quattro anni più tardi in Cile invece il bel gesto durante Urss-Uruguay, ultima partita del girone. Il compagno Cislenko conclude a lato, ma un buco nella rete fa rotolare la sfera in porta, ingannando anche l’arbitro. Il capitano – davvero molto sportivamente – fa ritornare la giacchetta nera sui propri passi. Motivando il resto della squadra: «vinciamo lo stesso». E così fu.

Nel mezzo il campionato europeo 1960 vinto all’ultimo atto – ancora una volta – ai danni della Jugoslavia. Erano gli anni in cui il Real Madrid provò a portarlo oltre la Cortina di ferro: i blancos trovarono la strada sbarrata. Direttamente dal regime comunista.

Marco Battistini

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