Roma, 19 mar – Correva l’anno 1976, siamo nel il mese che segna il passaggio dall’inverno alla primavera. Con la nostra nazionale ancora ferma ai due mondiali vinti tra il 1934 e il 1938, il Torino si appresta a vincere il suo ultimo scudetto. In quella stagione ormai lontana, il Milan si prende il gradino più basso del podio e la Lazio festeggia la salvezza solamente grazie alla differenza reti nei confronti dell’Ascoli. E, proprio nella capitale – esattamente il 19 marzo – nasce quello che diventerà esempio completo per una generazione di difensori. A proposito di rossoneri e biancocelesti: il suo nome è Alessandro Nesta.
Alessandro Nesta, con l’aquila nel cuore
Scoperto dalla Roma, ma tesserato – a neanche dieci anni – dai cugini. Al cuor non si comanda: è il padre, tifoso dell’aquila, a rifiutare la prima offerta dei giallorossi. Dino Zoff lo fa esordire in Serie A a pochi giorni dalla maggiore età. Dapprima centrocampista esterno, curiosamente fu Zeman – predicatore di un calcio pirotecnico – a trasformarlo in centrale difensivo. La definitiva esplosione avviene nella stagione 1997/98. I romani, per diversi mesi in zona scudetto, raggiungono la finale di Coppa Uefa e vincono la Coppa Italia. La rete che in finale ribalterà completamente il Milan sarà (guarda caso) di questo giovane in rampa di lancio.
Divenuto capitano sfiora il tricolore, per poi raggiungerlo – con un sorpasso mozzafiato all’ultima curva – nelle prime battute del nuovo millennio. E’ una Lazio che vince in Italia e si fa rispettare in Europa. Un sogno destinato però a scontrarsi con il perdurare della crisi finanziaria del gruppo Cirio.
In Paradiso insieme al Diavolo
Arriva così la chiamata del Milan (agosto 2002), accettata a malincuore. Un affare da trentuno milioni che rinfranca le casse biancocelesti e consegna allo stesso tempo ai meneghini un giocatore pronto al grande salto. Nel decennio rossonero infatti Nesta si conferma difensore di caratura mondiale, arrivando per ben due volte sul tetto d’Europa. Campionati, Champions League, coppe varie: un’altra lunga esperienza costruita – ancora una volta – su vittorie e fedeltà alla maglia. Con un unico neo, quella finale di Istanbul nella quale il Diavolo si fa rimontare un triplo vantaggio dal Liverpool.
L’azzurro: un mondiale e tanti infortuni
Ottimo in impostazione e proverbiale nelle chiusure. Esplosivo e tatticamente quadrato il nostro è stato a lungo pilastro della nazionale italiana. La “terza” storia d’amore del numero tredici è sicuramente quella più tormentata: non tanto per le prestazioni sul campo – sempre eccelse – quanto per una sventurata serie di problemi fisici.
Tre mondiali e altrettanti infortuni che lo hanno fermato ogni volta al girone eliminatorio. Se sul rettangolo verde la delusione più grande rimane l’Europeo del 2000 – con la Francia che pareggiò in finale a tempo scaduto per poi finirci al golden gol – la trionfale spedizione tedesca si trasformerà in una gioia indimenticabile.
Lungi dal voler diventare un’attempata riserva di lusso (“non ce la faccio ad aspettare il mio turno in panchina”), chiude con il calcio che conta a trentasei primavere. Tra un’uscita a testa alta e un contrasto ai limiti della perfezione, Alessandro Nesta ci ha dato lezioni di una sublime arte. Quella del difensore elegante.
Marco Battistini
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