Roma, 12 apr – Ad alcune leggi non scritte non si può sfuggire. La prima: smantella le frontiere e ti ritroverai pieno di muri. La seconda: l’unione fa la forza, ma se è un’unione senza regole ognuno dovrà pensare per sé, fesso chi non lo fa. Se non lo capite e avete bisogno di un disegnino, potete andare direttamente al Brennero. Da ieri, infatti, al confine fra Italia e Austria sono iniziati i lavori per la costruzione di una barriera lunga 250 metri che comprenderà l’autostrada e la strada statale.
Il muro servirà per limitare l’accesso di migranti provenienti dall’Italia, numero che si prevede in vertiginoso aumento. Al valico italo-austriaco sono già stati smontati i guardrail e in una prima fase di lavori sarà anche modificata la segnaletica stradale. I controlli del traffico leggero e pesante saranno effettuati in un parcheggio a nord del confine. Nei prossimi giorni sarà anche allestito un centro di registrazione. La mossa austriaca avrà due belle conseguenze: la prima è la probabile formazione dell’ennesima baraccopoli di disperati al confine, come già visto a Ventimiglia, Calais, Idomeni etc. La seconda tocca invece il portafoglio. «Sarebbe una perdita secca in termini economici veramente consistente», ha detto il sottosegretario agli Interni, Domenico Manzione. Già, ma quanto ci costerebbe, in soldoni, il muro austriaco? La mossa mette a rischio almeno 140 miliardi di euro l’anno di interscambio commerciale del nostro Paese, che avviene attraverso i valichi stradali con l’Austria, secondo l’Osservatorio Conftrasporto-Confcommercio sui Trasporti e la Logistica. In più ogni ora spesa in più dai camion impegnati in questi traffici a causa dell’abbandono della libera circolazione delle merci all’interno dell’Ue genera un danno commerciale per le imprese dell’autotrasporto superiore ai 170 milioni all’anno.
E mentre Salvini plaude, dal Pd e non solo arrivano proteste e c’è chi definisce l’Austria «contraria allo spirito europeo» (nello specifico è il deputato Lorenzo Dellai, presidente del gruppo Democrazia solidale-Centro Democratico). Già, ma qual è questo spirito? E chi c’è dentro? È conforme allo spirito europeo la Spagna, che nell’enclave di Melilla non c’è mai andata per il sottile con gli immigrati che tentano di scavalcare le altissime recinzioni? È in Europa Idomeni, il villaggio greco al confine con la Macedonia dove migliaia di immigrati restano tuttora accampati nella speranza che Skopje decida di riaprire la frontiera? È in Europa l’Ungheria, che il suo muro lo ha costruito già da un pezzo? Sono in Europa Germania, Croazia, Francia, Svezia e Danimarca, che hanno già sospeso in tutto o in parte gli accordi di Schengen?
Insomma, a forza di sforzarci per essere bravi membri di una Unione europea in cui tutti ci guardavano con la puzza sotto al naso, abbiamo finito per essere più realisti del re, e ora a credere all’utopia dei confini groviera siamo rimasti solo noi, mentre gli altri corrono ai ripari. Certo, dal nostro punto di vista la barriera del Brennero è una bella fregatura: la rotta dei Balcani chiude, la frontiera con l’Austria viene blindata, e alla fine il cerino resta ovviamente in mano a noi. Dal punto di vista austriaco, invece, come biasimarli? Che l’Ue così non possa funzionare siamo davvero solo noi a non averlo compreso. Anni a parlare di “valori comuni”, e poi si è capito che la sola legge che vale davvero è il caro vecchio “chi fa da sé fa per tre”. Insomma, questa Europa assomiglia sempre di più a quella storiella sul cetriolo e sull’ortolano.
Adriano Scianca