Roma, 13 ago – L’hanno chiamato Mirai, dal giapponese “futuro”. Un sistema che, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, è in grado di segnalare con largo anticipo i tumori al seno. Le tempistiche? Anticipando addirittura di un lustro i tradizionali metodi che tutti noi conosciamo. O meglio: tale strumento prevede il rischio della malattia in un arco temporale da uno a cinque anni.
Mirai: le prove negli Usa, in Svezia e a Taiwan
Lo studio, effettuato nel 2021 dal Massachusetts Institute of Technology, è stato sviluppato in tre diversi ospedali lontanissimi tra loro. Alle prove negli Stati Uniti si sono aggiunte quelle in Svezia e a Taiwan. Il motivo è presto detto: il modello andava testato su etnie differenti (a quanto pare esistono ancora: se giornalisti, opinionisti, governi e opposizioni possono piegare la verità secondo i dettami del politicamente corretto, i medici sono professionalmente obbligati a raccontare le cose come stanno). Le analisi predittive attualmente esistenti faticano a funzionare quando si tratta di prendere sotto esame – ad esempio – donne afroamericane. L’intelligenza artificiale applicata ai tumori potrebbe quindi dare risposte decisamente più performanti.
Mirai utilizza l’apprendimento profondo, ossia quel campo di ricerca basato su differenti livelli di caratteristiche gerarchiche. Si organizzano reti neurali artificiali, ognuna calcola i valori per lo strato successivo fino ad ottenere un’informazione il più completa possibile. Nel caso specifico un particolare algoritmo analizza la mammografia ai raggi X, incrociandola rapidamente con altre digitalizzazioni e prendendo altresì in considerazione ogni variabile rilevante della paziente.
Intelligenza artificiale per prevenire i tumori, i nuovi sviluppi
Nel frattempo però i ricercatori del dipartimento di informatica della Duke University di Durham hanno implementato il modello, giungendo un paio di anni più tardi – ovvero nel 2023 – al sistema Asym Mirai. L’aggiornamento – se così vogliamo chiamarlo – distingue i tessuti del seno, confrontando destro e sinistro. Vengono così segnalate eventuali differenze, facendo suonare il primo campanello d’allarme. L’obiettivo, ovviamente, è quello di allargare il raggio d’azione ed estendere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per altri tumori.
Ottime nuove, sicuramente. Perché come fatto notare da Stefano Vaj nel suo volume “I sentieri della tecnica” (Centro produzioni Moira, 2021) finora «la “guerra contro il cancro” ha prodotto soprattutto un sacco di statistiche, che dimostrano che grazie alla diagnosi anticipata la vita media del malato si è allungata…perché prima i malati scoprivano di esserlo molto più tardi, e quindi non rientravano nelle statistiche». Dal curare il prima possibile alla prevenzione fatta anche con anni di anticipo, un qualcosa di epocale.
E non è finita qui: nello scorso mese di maggio, l’Università di San Diego ha sviluppato – sempre utilizzando l’intelligenza artificiale – Polygon, una piattaforma che ha già sintetizzato una trentina di nuove possibili cure multi-bersaglio da utilizzare contro il cancro. Terapie combinate con effetti collaterali limitati. Fino ad oggi i pochi farmaci in commercio con queste caratteristiche sono stati scoperti in larga parte per caso. Oppure grazie ad anni di lavoro e l’investimento di ingenti capitali.
I dati dell’Airc
Diagnosi precoce e terapie. Ossia i due elementi che secondo i dati dell’Airc influenzano la sopravvivenza dopo un tumore. Oltre al dramma personale – e a catena delle difficoltà familiari – che ogni neoplasia comporta, ragionando a livello nazionale stiamo parlando della seconda causa di decesso (29%) dopo le malattie cardiovascolari. In attesa che prenda piede la via italiana all’intelligenza artificiale non dobbiamo dimenticare una delle grandi lezioni che la storia europea ha insegnato al mondo: la tecnica può ancora farci fare passi da gigante.
Marco Battistini