Roma, 7 giu – Seicentoseimila richieste di accesso solo tramite Vodafone. A tanto arriverebbero le “intrusioni” operate sulla linea telefonica e satellitare dalle autorità governative, secondo il rapporto reso pubblico dal colosso inglese delle telecomunicazioni. La notizia è stata diffusa dal Guardian, che citando gli autori del dossier sostiene la possibilità, da parte di alcuni governi, di sorvegliare la rete e monitorare le comunicazioni dei suoi clienti. Nel documento, Vodafone fa riferimento all’esistenza di un network di cavi che permette ad agenzie di sorveglianza di alcuni governi di ascoltare le conversazioni e, in certi casi, di identificarne la posizione: un sistema che sarebbe largamente utilizzato in molti paesi (l’elenco non è stato reso noto ma l’Italia non è fra questi). In alcuni dei paesi, almeno sei si legge, alla società telefonica viene richiesto di garantire l’accesso diretto.
Nella «maggior parte dei paesi, Vodafone mantiene il pieno controllo operativo sull’infrastruttura tecnica utilizzata per consentire un’intercettazione legale sulla base di una richiesta avanzata in da una agenzia o da un’autorità. Tuttavia, in un piccolo numero di paesi, la legge impone che alcune agenzie e autorità specifiche debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo da parte dell’operatore sull’intercettazione», si legge nel report di Vodafone dedicato al tema delle leggi e della tutela della privacy in 29 paesi in cui opera. In quel piccolo numero di paesi, si legge nel documento, «Vodafone non riceverà alcuna forma di richiesta di accesso per l’intercettazione».
«In Italia, dove la presenza della mafia richiede una alto livello di intrusioni di polizia Vodafone riceve 606.000 richieste di metadati l’anno». Il numero di richieste è «più alto che in ogni altra nazione» dove opera il gruppo inlgese. Se poi si considera che queste sono soltanto le richieste rivolte a Vodafone, e che esistono numerose compagnie telefoniche che gestiscono il traffico nel nostro Paese, il quadro si fa ancora più esteso.
Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la privacy commenta: “Non è tollerabile che i Governi svolgano un’opera di sorveglianza così massiva, generalizzata ed indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone […] Così come non è accettabile che i Governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone. Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale – sottolinea Soro – è l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità”.
Francesco Benedetti