Roma, 3 apr – Ennesimo nodo gordiano burocratico di “genitori 1 e 2” che vede come protagonista una coppia omosessuale e il proprio bimbo. A impigliarsi nelle maglie della burocrazia la famiglia di un bambino nato in Inghilterra, figlio di due donne unite civilmente, a cui è stata negata la cittadinanza italiana. Il ministero dell’Interno ha posto il veto sulla trascrizione italiana dell’atto di nascita del bimbo, nato dal matrimonio tra una donna inglese e la sua compagna italiana.
Labirinto burocratico
Dalle pagine de Il Giornale si apprende che la vicenda ha avuto inizio circa due anni fa, quando il bambino, che è figlio biologico della madre inglese, una volta venuto al mondo venne registrato nel Regno Unito come figlio della coppia gay: le due donne fecero quindi richiesta di registrazione del figlio al Comune di Bari, richiesta necessaria perché il piccolo ottenesse la cittadinanza italiana, proprio come la seconda madre. Non essendoci state risposte da parte del ministero dell’Interno, il Comune di Bari decise di “fare da sé” e registrare l’atto. Dopo qualche mese però, arrivata la “fumata nera” dal Viminale che da parere negativo alla trascrizione: non essendo la la madre italiana quella con un legame biologico con il piccolo, il bambino non può avere la cittadinanza nel nostro Paese. Così la procura di Bari ha chiesto al tribunale di disporre la cancellazione della cittadinanza. Poi però ha revocato la richiesta. Così, dopo due anni di traversie burocratiche, il ministero si è opposto, insistendo perché l’atto di nascita venga cancellato. Il Comune di Bari e l’avvocatura per i diritti Lgbti stanno sostenendo la validità della trascrizione. Ma per il ministero il fatto che le due donne siano unite civilmente anche in Italia non è rilevante: la cittadinanza in Italia è solo per ius sanguinis.
Cristina Gauri
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