Bari, 7 mag – Arriva da Bari l’ultima inchiesta sui concorsi truccati per l’assunzione di docenti. Gli indagati sono 38 tra cui compaiono l‘ex ministro Anna Maria Bernini e 5 dei “saggi” scelti da Monti per salvare l’Italia.
Secondo l’inchiesta, denominata “Do ut des”, i concorsi riguardanti l’assunzione di docenti nel ramo del diritto costituzionale, “nulla hanno avuto a che vedere col merito”. Inoltre esisterebbe “una rete criminale tra i più autorevoli docenti ordinari che hanno consentito sistematicamente il prevalere della logica del favore su quella del merito e della giustizia. In sostanza i concorsi universitari sono stati celebrati, discussi e decisi molto prima del loro espletamento“. Ad esercitare forti pressioni per i loro “protetti” ci sarebbero anche i costituzionalisti Barbera e De Vergottini.
L’inchiesta barese, ora passata a Milano per la seconda fase delle indagini, non è l’unica che riguarda l’Università italiana. A settembre 2013 alla Sapienza di Roma, il concorso per la scuola di cardiologia del Policlinico Umberto I venne truccato; a Siena l’elezione del Rettore è stata oggetto di inchiesta con accusa di falso ideologico per due componenti del seggio elettorale; a Messina nel 2010 due docenti vengono arrestati per aver falsato un concorso di microbiologia e, nel luglio 2013 vengono arrestati sei professori che favorivano i figli di alcuni boss mafiosi.
Ma, siccome la forma non si può disgiungere dalla sostanza, un sistema corrotto non può generare una didattica e una ricerca di qualità. Infatti, nonostante si stia parlando della trasmissione del sapere nella nazione che ha creato l’Università e che vanta le menti più brillanti, gli Atenei italiani non sono ai primi posti nel mondo. Certo, i Governi continuano a tagliare risorse e non esiste un piano di educazione nazionale. Ma a questo si deve aggiungere il fatto che alcuni docenti si occupano più delle carriere dei loro protetti piuttosto che di fare ricerca. Secondo World University Rankings il primo Ateneo italiano è quello di Bologna che, a livello mondiale, si colloca al 188esimo posto. A pesare sono i pochi fondi, lo scarso numero di professori e una ricerca scadente sempre più oscurata dalle pubblicazioni in lingua inglese. Le soluzioni proposte da Nunzio Quacquarelli, manager di Qs, uno dei più grandi istituti di valutazione universitaria, non sembrano impossibili da compiere: finanziamento pubblico, collaborazione con aziende, ambiti ricerca dettati da una programmazione nazionale, legami forti con il territorio.
Ruggero Settimi