Roma, 22 mar – Dopo i complimenti di Viktor Orban a Vladimir Putin per la rielezione a presidente della Federazione Russa, si sono riaperti alcuni fronti e discussioni su un contesto europeo il quale, oggi più che mai, dimostra di essere debole e vittima degli eventi. Ad Est, certamente, non tutti sono idealmente vicini al Cremlino. A una Budapest si contrappone una Varsavia profondamente ostile, anche per ragioni storiche ben note. Dall’altro lato, Volodymyr Zelensky prosegue nel solito copione di richiesta di armi occidentali, forse con maggiore energia rispetto a prima, vista la piega che – inevitabilmente, nel lungo periodo – ha preso il conflitto in favore di Mosca.
Orban e Putin, Europa e Russia
Orban sta a Putin come l’Europa alla Russia? No, ad oggi non è così. Ma il quadro resta composito, tra uno Stato magiaro costretto più di altri ad accettare di partecipare a pacchetti sanzionatori contrari ai propri interessi nazionali e una Polonia che – come accennavamo prima – quasi non vedrebbe l’ora di attaccare Mosca direttamente, mentre l’Italia e la Germania più anonime di altri. In particolare, i tedeschi di ragioni per sfilarsi dalla linea imposta da Washington ne avrebbero fin troppe, considerati i rapporti strategici ed economici imponenti con il Cremlino oltre che la “dichiarazione di guerra” implicita che oltreoceano gli hanno lanciato con l’esplosione del gasdotto Nord Stream (per note ragioni: il surplus commerciale tedesco fuori scala degli ultimi decenni ha dato non pochi problemi agli interessi economici americani). Quanto all’Italia il discorso è simile ma non esattamente identico: anche il nostro rapporto con la Russia era parecchio sinergico in termini economici, ma l’investimento fatto dai tedeschi negli anni scorsi è oggettivamente irraggiungiubile.
Ad Ovest l’unico a giocarsela un minimo è Macron
La Francia, come da tradizione, è quella che sa simulare meglio. Che sfrutta al massimo il poco di cui dispone. Perché Parigi è, esattamente come Roma e Berlino, pienamente assoggettata alla politica estera statunitense, nella fattispecie antirussa e filoucraina. Ma l’uso delle parole è importante. Perché il presidente Emmanuel Macron ha parlato nelle scorse settimane della necessità assoluta che Putin perda e che Kiev vinca, anche a costo di inviare truppe francesi in loco? Affermazioni poi commentate da Mosca con la diffusione di una notizia certa (poi smentita dall’Eliseo) sull’invio di 2mila soldati di Parigi…Difficile se non altamente improbabile che la Francia invii davvero dei soldati in guerra. Questo semplicemente perché la potenza militare transalpina non sarebbe minimamente in grado di reggere il confronto con quella russa: perché nel caso – del tutto fantascientifico – Macron sarebbe da solo. Né Berlino né Roma lo seguirebbero, come affermato più volte dai diretti interessati. Plausibile – versione ottimistica – che Parigi “fiuti” una possibilità di trattativa di pace. Alla quale vorrà presentarsi con la forza di chi “ha sostenuto fino all’ultimo la necessità di intervenire direttamente in Ucraina”, o qualcosa del genere. Vedremo cosa accadrà.
Alberto Celletti