Roma, 14 ago – Agli apprendisti stregoni di +Europa (e sodali) non sarà sembrato vero. Dopo aver per anni ammorbato il dibattito economico sulla possibilità di uscire dall’euro con improbabili paragoni con l’Argentina (come se mettere a confronto una delle potenze industriali con un’economia – quella sudamericana – fortemente orientata al settore primario) o con lo Zimbabwe (che non sarebbero neanche capaci di indicare su una cartina muta), finalmente è arrivata la crisi di una nazione a noi vicina: la Turchia. Quale miglior occasione quindi per spargere un po’ di bufale – o fake news, le stesse che vorrebbero combattere con comitati di salute pubblica – a buon mercato?
I fatti. Cosa succede alla Turchia? Parliamo di un’economia che, nonostante sia in rapido sviluppo, non possa ancora essere considerata fra quelle avanzate. Ciò significa che fra Ankara e Istanbul ancora non esiste un tessuto produttivo capace di proiettare il Paese fra le potenze manifatturiere. Questo comporta la necessità di doversi rivolgere all’estero per tutta una serie di necessità: dalle infrastrutture ai beni di consumo, passando anche per i servizi e, ovviamente, le materie prime.
Il risultato, accanto ad una comunque robusta crescita economica, è però quello di aver esponenzialmente aumentato il debito estero, vale a dire il debito dei soggetti residenti nei confronti di soggetti non residenti, che nel corso degli anni è arrivato a toccare il 50% del Pil nazionale. Una percentuale in teoria non preoccupante, visto che l’Italia ha un debito estero che supera il 120% del nostro Pil. Per inciso: la Turchia ha anche un debito pubblico particolarmente basso, inferiore al 30% e da anni (era quasi il 45% nel 2009) in calo. Allo stesso tempo, però, la sua bilancia dei pagamenti è totalmente fuori giri: dal 2010 non scende al di sotto di un deficit mensile di 4 miliardi di dollari, con punte che hanno toccato i 10. Nell’intero 2017 è risultati pari a 77 miliardi di dollari, in aumento del 37% rispetto al 2016. Così come un mutuo viene parametrato alla capacità da parte del contraente di generare reddito e il premio di un’assicurazione alla rischiosità del conducente, il valore della moneta di uno Stato che dipende in buona parte da investimenti (e quindi finanziamenti) stranieri è fra le altre cose determinato anche dalla capacità di rimborsare i propri debiti nei confronti dell’estero. Capacità sulla Turchia non sembra al momento poter avere il completo controllo, visto il deficit commerciale accumulato. Da qui la lunga svalutazione della sua lira, aggiustamento necessario – potremo quasi dire “di mercato” – per ridurre il deficit commerciale e quindi riuscire ad onorare le pendenze.
Fin qui la cronaca dei fatti. Dalla quale però è partita una speculazione che, nome a parte, con l’economia ha poco a che vedere. Sentendo l’odore del sangue, peraltro a poche migliaia di km da noi, +Europa ha subito affilato le armi: “Il valore della moneta turca – si legge in un post sulla loro pagina fb – è crollato del 30% da gennaio. I Turchi, in pochissimi mesi, sono diventati più poveri. I loro soldi, le loro cose, valgono il 30% in meno. Una spirale inarrestabile di inflazione, svalutazione e povertà che il Governo di Lega e 5S vorrebbe infliggere anche agli italiani, se i loro “piani B” di uscita dall’Euro prendessero corpo, e se le loro politiche contro la crescita trovassero applicazione. Oggi Erdogan risponde alla crisi mostrando tutta la sua impotenza, dicendo “Dio è con noi”. L’abbiamo già sentito dire, e sappiamo già come andrà a finire. Cosa ci direbbero Salvini e Di Maio il giorno dopo il risveglio?” A parte l’imbecillità di confondere svalutazione della moneta e inflazione (la prima ha perso sì il 30%, ma l’indice dei prezzi è salito di un terzo: poco più dell’11% da gennaio ad oggi), il partito della Bonino mischia di tutto per giungere ad una semplice conclusione: se dovessimo perseguire la strada dell’uscita dall’euro faremmo la fine della Turchia.
Vediamo dunque cosa dicono i numeri, che in una serie analisi economica non dovrebbero mai mancare. L’Italia è paragonabile alla Turchia? Neanche per idea. Nonostante i tentativi fatti dall’Europa, rimaniamo una delle più importanti economie manifatturiere al momento, tanto per cominciare. In secondo luogo, abbiamo sì un debito estero sensibilmente più alto, ma a differenza della nazione mediorientale possiamo contare su un generoso surplus di bilancio che, a parte qualche mese, è in attivo da metà 2012 in avanti. Da ciò deriva che un’eventuale svalutazione della nostra nuova moneta non farebbe altro che stimolare le nostre esportazioni, il che porterebbe la divisa ad una successiva e fisiologica rivalutazione. Nei fatti, l’Italia ne uscirebbe perfino ancora più rafforzata. Una realtà che cozza potentemente con la narrazione dei supporter a oltranza dell’euro. Al che, probabilmente, meglio cambiare la realtà per farla combaciare con la bufala dell’incubo che viene proposto. Ma sempre bufala rimane.
Filippo Burla
«Senza l'euro faremo la fine della Turchia»: se sono i “buoni” a spargere bufale
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6 comments
al netto di qualche limitatissima categoria (come quella delle cosidette “badanti”) se avessimo fortemente limitato l’immigrazione in quella FOLLE crescita esponenziale avuta negli ultimi anni,oggi la nostra economia sarebbe comunque più sana,per non parlare degli effetti sociali correlati(criminalità,degrado,economia nera) che di sponda,generano anch’essi povertà.
facile dimostrare come primo indice che se i nostri 2.800.000 disoccupati non fossero stati “arricchiti” da circa 2.500.000 stranieri che lavorano al posto loro,la nostra economia nel settore disoccupazione starebbe ben sotto quella soglia fisiologica tipica delle migliori economie del mondo.
a proposito del “fantomatico” gettito fiscale con cui gli stranieri “arricchirebbero” il nostro Paese…si tratta di appena 7,5 miliardi di euro a testa (nella media appena 1.500 euro per cittadino straniero–pago di più io di sole tasse condominiali) su un bilancio complessivo di oltre OTTOCENTO miliardi di euro, pari al costo complessivo del sistema Italia.
quindi,per tornare a palla sull’articolo;improbabili consigli di macroeconomia sistemica da parte degli stessi politici che spacciano l’immigrazione come ARRICCHIMENTO per il nostro Paese tanto da volerne ancora di più,temo siano da evitare anche nell’ambito di una semplice assemblea condominiale.
L’euro fa comodo ai parassiti nullafacenti cumunistoidi che ci ammorbano in Italia ed in Europa,una casta ignobile senza progetti e speranze,affamatrice di popoli e sfascia nazioni………altro che euro…….chi lo difende è un indegno arricchito di sinistra,un intollerante contro il popolo italico……..la latrina comunista non conosce vergogna.
Articolo molto interessante…grazie
Da una come la Bonino che è diventata famosa facendo abortire molte donne italiane con le pompe delle biciclette ed è una cara amica dell’ ammazzapopoli George Soros, non ci si puo’ aspettare altro che bufale e fake news
Non avete la più pallida idea di quello che state dicendo, su euro, valuta e politica monetaria lasciate perdere, fate la figura dei ragazzini entusiasti per il terzo libro che sono riusciti a leggere
Già già… senza l’euro come la Turchia… e con l’euro? Come la Grecia, probabilmente. Stralcio da “Il Sole 24 Ore” (noto quotidiano non sospetto di simpatie sovraniste ):
” Ciò detto, i ministri hanno deciso di mettere la Grecia sotto particolare sorveglianza nei prossimi anni. Obiettivo: controllare che il paese rispetti i target di finanza pubblica (un surplus primario del 3,5% del PIL fino al 2022 e del 2,2% in media annua tra il 2023 e il 2060) ed eviti di annacquare le tante riforme adottate nell’ultimo decennio.”
Tradotto, tralasciando il periodo 2018-2022, ancora più infame, dal 2023 al 2060 (27 anni!!!) se la Grecia produrrà 100 dovrà recuperare in cassa (con tagli e/o tasse) 102,2; ma considerando anche solo il 2%, vuol dire che il popolo greco perderà, fino al 2060, il 54% di quanto prodotto, tra minori servizi, maggiori tasse o minori stipendi e pensioni.
Ecco l’Europa solidale e democratica…
Quanto alla Bonino, non stupisce che, esperta com’è in materia di dati fantastici, come quelli sull’aborto clandestino negli anni ’70, che sciorinava in ogni occasione (come se ad ogni aborto clandestino venisse informata direttamente) preferisca concentrarsi sulla Turchia piuttosto che sulla Grecia, mettendo in opera, stavolta, una semplice omissione. Grave, ma meno di un falso.