Roma, 3 set – Matteo Renzi non si sbilancia e stavolta non promette di ritirarsi dalla politica se dovesse vincere il NO. L’ex premier però si dice piuttosto sicuro che sulla piattaforma Rousseau gli iscritti pentastellati opteranno per il SI: “Non credo che il M5s voglia suicidarsi e che ci siano dubbi: è un atto di responsabilità, se non si va a un governo si va a elezioni con l’aumento dell’Iva e la recessione, non solo un bagno di sangue per l’Italia ma anche per i grillini. Sono ottimista perché facciano prevalere il buonsenso”.
Parola di Renzi su La7, mentre è in corso appunto la votazione sulla piattaforma espressione della democrazia diretta alla grillina. D’altronde è stato il primo a invocare ufficialmente un accordo di governo tra M5S e Pd, per questo l’esito favorevole del voto sancirebbe anche la sua vittoria. E’ inutile negarlo, Renzi ha convinto i suoi a sedersi al tavolo e la linea contraria dell’attuale segretario dem, Nicola Zingaretti, è stata accantonata in un baleno.
Tra scuse e ammissioni
“A me costa un sacco fare l’accordo, mi fa rosicare, non dico ‘che bello!’, sarà lo stesso per il M5s. Non dimentico offese e insulti, ma se serve all’Italia si fa“, ha specificato l’ex primo ministro. La versione di Renzi è quindi sempre la stessa, è diventata quasi un suo personalissimo mantra volto a giustificare la creazione dell’esecutivo giallofucsia agitando lo spauracchio del tracollo economico. Una scusa non vale l’altra, ce ne sono di efficaci e di inverosimili. Questa è un po’ entrambe le cose: perché spaventa gli elettori e al contempo maschera male la volontà di salvaguardare poltrone e comando sugli attuali parlamentari del Pd.
“Noi – dice ancora Renzi – stiamo parlando di un orizzonte di legislatura, il Parlamento deve eleggere il presidente della Repubblica nel gennaio del 2022, abbiamo di fronte a noi 4 anni”. Ecco, questa non è una scusa, è al contrario uno dei reali motivi che spingono i dem ad abbracciarsi con i Cinque Stelle. Non sia mai che la sinistra italiana venga estromessa dai giochi per l’elezione del capo di Stato, sarebbe uno schiaffo storico.
Eugenio Palazzini