Soltanto nel 2011, in seguito alla Primavera araba, gli sbarchi dei clandestini sono costati all’Italia circa 1 miliardo di euro ed hanno costretto il governo persino ad aumentare le accise sui carburanti per far fronte a queste spese. Chi si imbarca verso l’Italia ovviamente non lo sa, chi fugge dalle coste nordafricane insegue l’illusione di un mondo migliore ed è pronto a rischiare molto, finanche la propria vita, per afferrarlo. Come un miraggio nel deserto natio, per i migranti le coste italiane sembrano sorgenti di rinascita. Eppure dietro il dramma umanitario di questi giorni, che ha spezzato tragicamente il sogno di 300 vite, esiste un vero e proprio business dell’accoglienza e del soccorso umanitario.
La legge di stabilità del 2013 ha stanziato per l’attivazione, la locazione e la gestione di nuovi Centri di accoglienza (CIE) circa 236 milioni di euro, 66 milioni in più rispetto al 2012, e 220 milioni per il 2014. Al momento i CIE già esistenti, secondo il rapporto “Lampedusa non è un’isola” dell’associazione “A buon diritto”, costano allo Stato italiano circa 73 milioni di euro l’anno, 200 mila euro al giorno. Una relazione tecnica del servizio studi della Camera risalente al 2008 ha rivelato che la sola realizzazione di un posto letto nel CIE di Torino è costata in media 78 mila euro allo Stato. Essendo 180 i posti disponibili nella struttura il costo totale è stato quindi di circa 14 milioni di euro. Quanto sono utili questi centri lo dimostrano i dati forniti dalla Polizia di Stato: “Nel 2012 sono stati 7.944 i migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione (Cie) operativi in Italia. Di questi solo la metà sono stati effettivamente rimpatriati..”
Perché quindi trattenere in questi centri i clandestini anziché rimpatriarli immediatamente? Forse per continuare a finanziare le organizzazioni umanitarie che gestiscono le strutture dove vengono accolti?
Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero degli Interni, il Fondo Europeo per i Rifugiati dal 2008 destina i propri contributi non più all’attività istituzionale per l’accoglienza ma ad “azioni complementari, integrative e rafforzative di essa”. Ovvero a tutte quelle Onlus e associazioni umanitarie che si occupano di immigrazione in Italia. Il Fondo Europeo ha stanziato per queste organizzazioni circa 30 milioni di euro dal 2008 al 2012. Per il 2013 se ne prevedono in totale 7 milioni che, a giudicare dai dati degli anni precedenti, sono destinati ad aumentare per cosiddette “misure d’urgenza”. Attraverso questi fondi il Ministero intende “favorire il reinsediamento, ovvero il processo mediante il quale cittadini di Paesi terzi o apolidi, su richiesta dell’Acnur, motivata dal loro bisogno di protezione internazionale, siano trasferiti da un Paese terzo a uno Stato membro” nonché “supportare le conseguenze di tale accoglienza attraverso il cofinanziamento di specifiche azioni.”
In pratica l’Italia stanzia milioni di euro destinandoli ad organizzazioni umanitarie incaricate di organizzare la permanenza nel nostro Paese di quelli che per la legge sono, a tutti gli effetti, dei clandestini da rimpatriare.
Eugenio Palazzini