Roma, 8 apr — E’ esplosa la protesta anche tra i proprietari di palestre. Complice la tumultuosa manifestazione avuta luogo in piazza Montecitorio a Roma nella giornata di martedì, molti titolari di strutture sportive hanno deciso di riaprire nonostante le restrizioni anti Covid. Una questione di sopravvivenza di un comparto che, secondo una stima dell’Associazione Nazionale Palestre e Lavoratori Sportivi (Anpals), dopo un anno vedrà la chiusura di un terzo dei centri. Sempre secondo Anpals, il 20% del totale degli imprenditori avrebbe deciso di alzare nuovamente le serrande e ripartire.
Palestre allo stremo, esplode la protesta: il 20% “pronto a riaprire contro i divieti”
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«È più facile contagiarsi all’aperto andando in un parco, prendendo un autobus pubblico, andando in una farmacia piuttosto che andando in una palestra», spiega all’Ansa il presidente Anpals Giampiero Guglielmi. «Gli unici ristori cospicui sono arrivati ai lavoratori sportivi, agli istruttori, ai tecnici, agli allenatori. Le strutture sportive hanno avuto perdite di 150-200 mila euro ma hanno ricevuto 6-7 mila euro di ristori, che non sono sufficienti neanche per una mensilità dell’affitto dei locali».
Tra le attività più colpite nel corso del 2020 dalle restrizioni e dalle misure di contrasto alla pandemia figurano proprio le palestre. Una autentica ecatombe, quella che ha riguardato il comparto: due miliardi di euro andati in fumo, duecentomila professionisti del settore ridotti o al precariato oppure alla espunzione dal circuito del lavoro. Di questi, il 40% ammette di non sapere se riuscirà e in che modo a resistere alla crisi economica. Non stupisce, quindi, che il 20% delle palestre voglia riaprire nonostante i divieti. «So che è illegale — dice Guglielmi — ma non posso non mettermi nei panni di titolari di strutture sportive che non hanno più di che sfamare la famiglia. La maggior parte di loro non ha nulla da perdere, accetteranno una sanzione amministrativa pur di riprendere a lavorare».
E le cifre del contagio? Guglielmi non ha dubbi, le palestre sono luoghi più sicuri di altri. «In questo anno di lockdown non si sono ravvisati casi di contagio, perché le norme dei protocolli presentati dal Cts sono molto stringenti: per andare in palestra si deve prenotare, quindi non si crea assembramento, si misura la febbre, si lasciano i dati personali su un registro».
Cristina Gauri