Roma, 14 feb — Emergono nuovi elementi circa la brutale aggressione che si è conclusa con la morte del caporal maggiore Salvatore Danilo Lucente Pipitone, deceduto domenica al policlinico Umberto I di Roma in seguito alle gravissime lesioni riportare: stando a quanto riferito da Repubblica, gli agenti della Squadra mobile sono sulle tracce di un sospettato, il pregiudicato 33enne tunisino Mohamed Abidi, ritenuto il possibile responsabile.
Omicidio Pipitone, la polizia sulle tracce di un tunisino
Gli inquirenti sono inoltre al lavoro sulla testimonianza di una prostituta che lavora nella zona dell’aggressione, la quale sostiene di avere assistito a una lite scoppiata per il posto auto in un parcheggio nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 febbraio. La discussione è esplosa quando Pipitone, dopo aver posteggiato la Fiat Panda di sua proprietà in via dei Sesami, a Centocelle, è stato apostrofato dal proprio assassino, presumibilmente il tunisino, che gli avrebbe ordinato di cedergli il posto. «Che caz*o vuoi?», questa la risposta del militare che avrebbe scatenato la furia del suo aggressore, che lo ha massacrato di botte lasciandolo esanime per terra.
La testimone
La prostituta, avrebbe assistito all’intera scena per poi allontanarsi impaurita dalla zona. L’omicida si è poi dileguato, facendo perdere le proprie tracce, ma secondo gli investigatori potrebbe trattarsi del 33enne tunisino Abidi Mohamed, la cui compagna ha dichiarato di non avere contatti con lui dallo scorso sabato mattina. Nell’elenco di precedenti dell’immigrato figurano una condanna per spaccio di stupefacenti, e l’accusa, nel 2015, di aver pestato e stuprato, assieme a due connazionali, alcune prostitute nel quartiere san Giovanni. Alcuni testimoni hanno riferito di aver visto il tunisino fuggire da via dei Sesami con un complice al volante di una Fiat 500 Abarth: la targa del mezzo, presa a noleggio proprio dal presunto assassino, è stata immortalata dalle telecamere.
«Ho difeso Mohamed Abidi nel 2017 quando era a Regina Coeli per una piccola quantità di hashish, ma quando un anno dopo è stato scarcerato da Rieti, dove era stato trasferito, è andato in Francia e da lì non ho più avuto sue notizie», riferisce l’avvocato Antonino Lastoria. «Secondo me non è il tipo da commettere un gesto tanto efferato, è sempre stato molto remissivo con me, una persona tranquilla».
Cristina Gauri