Roma, 14 mag – Chi nelle scorse ora non è sceso in strada a fare i caroselli con le bandiere arcobaleno per l’approvazione della legge sulle unioni civili è necessariamente un omofobo che vuole, nel migliore dei casi, relegare l’omosessualità in un ambito oscurato, lontano dai riflettori, in modo da salvare le apparenze perbeniste e far finta che i gay non esistano? Assolutamente no, anche se di tipi così ce ne sono, sono fastidiosi, ma sono ben lungi dal rappresentare la totalità di coloro che non vedono in Monica Cirinnà una statista di rango mondiale. La verità è che si può anche ritenere giusto che le unioni gay abbiano una qualche forma di regolamentazione, in nome del sacrosanto principio per cui lo Stato non può fischiettare tollerando distrattamente fenomeni carbonari. Il contesto culturale in cui è avvenuta questa specifica regolamentazione, tuttavia, cala la presente legge in una dimensione che è a priori agghiacciante, al di là dei tecnicismi e dei cavilli.
Agghiacciante è, per esempio, il grado di intolleranza delle opinioni altrui espresso da tutti i fan della legge: è stato ripetuto in lungo e in largo, lo scontro sulle unioni civili non era legittima dialettica politica fra favorevoli e contrari ma una battaglia metafisica fra bene e male. Scalfarotto è persino giunto a lamentarsi di aver dovuto affrontare dibattiti con un contraddittorio: la semplice presenza di opinioni dissonanti è stata vista come un affronto, un vulnus, un male da curare. Chiunque si opponesse, in tutto o in parte, alla legge diventava automaticamente un omofobo, un nazista, uno da mettere fuori dal consesso civile. Tutto il dibattito si è svolto in questo clima: partendo da uno squilibrio morale dato per scontato fra chi aveva un’idea e chi un’altra. È quindi evidente che essere a favore della legge Cirinnà significa porsi dalla parte del Bene assoluto, dal “lato giusto della storia” di cui ciancia Obama. È un ottimo motivo per essere contrari.
Ma c’è anche un altro argomento: la norma approvata è stata presentata da tutti, Cirinnà in primis, come il primo passo di un cammino che deve condurre non solo al matrimonio egualitario (diritto d’adozione da parte dei gay compreso) ma anche a una serie di “diritti” che nulla hanno a che vedere con le unioni civili. Basti vedere la delirante intervista alla Stampa concessa da Emma Bonino, che ha per titolo l’eloquente “Ora avanti con eutanasia, cannabis, cittadinanza e asilo”. “I diritti civili – spiega l’esponente radicale – in Italia vanno sempre spinti a forza”. E se la legge approvata non è perfetta, “nonostante tutto però, questo è un risultato: rimbocchiamoci le maniche e ripartiamo da qui. C’è molto da fare, l’eutanasia, la cannabis, la legge sulla cittadinanza e il diritto d’asilo. Non risiediamoci, si può fare”. Sulla stessa linea è anche un pezzo di Massimo Russo, sempre su La Stampa, intitolato “I prossimi traguardi delle libertà”. Vi si legge: “Proprio quando è stato raggiunto un risultato è importante guardare alla tappa successiva. Serve a spostare ogni giorno più in là la frontiera di quel che ci rende individui liberi e responsabili. Mettiamoli in fila, i prossimi traguardi”. E giù la consueta lista, che poi è la stessa elencata dalla Bonino e che riguarda cannabis, ius soli, testamento biologico (cosa, quest’ultima, a cui chi scrive è favorevole, ma non si capisce il senso di inserirlo in una carovana di “diritti” che parte dalla legge Cirinnà e arriva fino allo sfiguramento etnosociale delle nostre società).
Quindi se uno è favorevole alla legge sulle unioni civili sta anche implicitamente approvando lo ius soli? C’era un pacchetto completo da prendere o lasciare? Tanto basta per fare le barricate contro la Cirinnà, qualsiasi cosa si pensi delle unioni gay. È quindi soprattutto il delirio ideologico dei suoi sostenitori a rendere irricevibile la legge approvata qualche giorno fa dalla Camera. Peccato, si poteva fare un dibattito di buon senso. Avete preferito la Crociata del Bene Assoluto. Se è così, non potete che trovarci dall’altra parte.
Adriano Scianca
3 comments
Pensate che quando la Cirinna’ era assessore promosse una regola che imponeva che il cane appena nato non poteva essere tolto per 2 mesi dalla madre altrimenti ne avrebbe sofferto. Non si’ è invece opposta al fatto che un figlio venga levato al piu’ presto dalla madre naturale per darlo a coppie gay!! Cioè per lei è piu’ importante tutelare il cane che l’uomo!!!
Vorrei tanto poter dire : è una pazza. Il fatto è che non è pazza, è molto peggio.
Concordo al 100% con l’ articolo e le opinioni espresse.