Roma, 25 gen – Ha fatto un certo scalpore, qualche giorno fa, una gaffe piuttosto clamorosa di una concorrente del programma Rai L’Eredità. Alla domanda circa l’anno esatto dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, la ragazza, dovendo scegliere tra 1944, 1959, 1971 e 1991, ha scelto la terza ipotesi anziché, come è ovvio, la prima. Insomma: i nazisti a Roma in piena era Dc. Non è la prima volta che al programma Rai si assiste a un tale sfoggio di ignoranza. In una puntata del 2013 passata agli annali, ai concorrenti veniva chiesto l’anno in cui Adolf Hitler divenne cancelliere. Ebbene, gli ospiti in gara hanno risposto 1948, 1964, 1979, prima di indicare correttamente l’anno giusto nel 1933, e comunque solo perché era rimasta l’ultima opzione in lizza. Sempre nella stessa puntata, una concorrente ha indicato nel 1964 l’anno in cui Mussolini ricevette a Palazzo Venezia Ezra Pound.
Quello che colpisce, al di là dell’ignoranza in sé e della sfrontatezza di portarla persino in tv (di non percepirla, cioè, come un disvalore di cui vergognarsi) è il fatto che queste gaffe riguardino tutte l’epoca che, per eccellenza, è quella che “non dobbiamo dimenticare”, secondo un trito refrain che, soprattutto in questo periodo dell’anno, sentiamo piuttosto spesso. A giorni ricorrerà infatti la “Giornata della memoria” dedicata alle vittime dell’Olocausto. Le nuove generazioni, quelle che più spesso incappano nelle figuracce come quelle di cui sopra, sono esattamente quelle che hanno letto Primo Levi e Anna Frank a scuola, che sono andate in gita ad Auschwitz, che hanno visto in classe Schindler’s List. Anche sospendendo il giudizio su tale operazione di promozione della “memoria”, il minimo che si possa dire è che non abbia funzionato, forse perché considerata istituzionale, retorica, astratta. O forse perché, semplicemente, il sistema educativo, informativo, culturale e sociale vigente crea individui incapaci di trattenere qualsiasi memoria, compresa quella che alle istituzioni sta a cuore.
E chi lo ha creato, questo sistema? Esattamente quelli che poi si lamentano delle sue conseguenze, plasticamente rappresentati dalla “ministra” dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che ha da poco fatto introdurre i telefonini in classe e ulteriormente ridotto le occasioni di scrittura per gli studenti, ridimensionando ancora la funzione del tema. Ma il disastro educativo viene da lontano: tutta la storia della scuola del secondo dopoguerra va nella direzione della deresponsabilizzazione e dell’incoltura. Con la scusa di combattere il nozionismo si è fatto tabula rasa di ogni patrimonio di conoscenze condivise, con la scusa dell’anti-autoritarismo si è ridicolizzata la figura del docente, con la scusa di “non creare traumi allo studente” si sono destrutturati gli esami, con la scusa di modernizzare la scuola si è agevolato un modello imprenditoriale vacuo e limitato, con la scusa di “ridestare l’interesse degli studenti” li si è disabituati allo sforzo e alla fatica. Tutto questo mentre il resto della società stessa compiva la medesima parabola: si è andati a colpire ogni idea di forma, di responsabilità, di fondamento, di sentire comune.
Si sono quindi create le condizioni per la produzione in serie di monadi senza senso, forma, destino, che non vengono da nessuna parte e non sanno dove andare. Persino i congiuntivi di Di Maio, le barzellette sconce di Berlusconi, gli slogan triviali di Salvini, che tanto fanno inorridire i lettori dell’Espresso, sono in realtà figli della cultura imposta dai liberal. Il mondo dell’ignoranza e della maleducazione lo hanno creato loro. Michele Serra, difensore strenuo della categoria dei radical chic, ha scritto un libro sulle nuove generazioni intitolato Gli sdraiati. Ma i “populisti” e gli “analfabeti funzionali”, che i lettori di Serra non cessano di deridere, sono proprio coloro che applicano tale “sdraiamento” a ogni ambito esistenziale. Ma se non è importante sapere a memoria una poesia di Leopardi, perché questo sarebbe nozionismo, perché dovrebbe esserlo conoscere la data o anche solo il contesto in cui è avvenuto l’eccidio delle Fosse Ardeatine? Questa tabula rasa l’hanno creata proprio i progressisti. Peggio per loro, dunque. E meglio per chi avrà il compito di ricostruire qualcosa di nuovo oltre il progressismo: trovando il campo libero, sarà tutto molto più facile.
Adriano Scianca
Le Fosse Ardeatine del '71 e quegli smemorati figli del "culto della memoria"
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4 comments
Ottimo acuto e vero articolo. Grazie.
…non per caso hanno scelto una ”Fedeli”…
Signor Tony,
… “non a caso” e non “non per caso”!!
quelli per caso sono i neri …
Tipico del comunismo……..pochi al potere,una casta indegna,con un popolo ignorante e servo……..in questo periodo a scuola si fa disinformazione e la giornata della memoria cosi’ come è risulta ridicola ed in mano a quattro piddini ignoranti.