Roma, 24 gen – Superare i campi rom, lo stai facendo nel modo sbagliato. A Roma il piano di inclusione di “rom, sinti e caminanti” voluto nel 2017 dall’assessorato alle Politiche Sociali di Laura Baldassarre sta dando i primi “frutti”. Stando alle ricostruzioni del Messaggero sono infatti iniziate le operazioni di trasloco, dalla roulotte ad un appartamento vero e proprio, delle prime cinque famiglie del campo rom della Barbuta al confine tra la Capitale e Ciampino. In barba ai diritti e ai problemi delle normali famiglie romane, i nomadi potranno accedere ad una abitazione vera e propria. E non solo. Altre venti famiglie dello stesso campo alla periferia di Roma sono state inserite con il massimo del punteggio nelle graduatorie per le case popolari. Per il sindaco Virginia Raggi la necessità di sgomberare i campi rom entro il 2021 (e i fondi europei) vale più del rispetto delle graduatorie, intoccabili invece quando si tratta di sostituire gli italiani con gli immigrati nei quartieri popolari.
Altro che ruspe, la giunta pentastellata del Campidoglio in questi anni le ha provate tutte per “convincere” i rom ad abbandonare i campi in favore di un alloggio vero e proprio. Prima regalando ai rom il “bonus casa” da 800 euro al mese per prendere un appartamento in affitto, provvedimento fallito miseramente (nessuno ha voluto affittare casa ai nomadi). Poi provando a chiedere ai romani, in cambio di soldi, di ospitare i rom in casa propria. Adesso siamo arrivati di fatto alla concessione gratuita di una casa e nonostante questo per il momento solo cinque famiglie hanno accettato. Il campo della Barbuta è uno dei più grandi di Roma, ci abitano (o meglio sono censiti) 586 che rappresentano il 13% della popolazione totale dei rom in città.
Ma la pioggia di soldi che il Campidoglio mette in tasca ai rom in cambio della chiusura dei campi non riguarda soltanto l’assegnazione di case. Anche i rimpatri, o “rientri volontari assistiti” stando al lessico politicamente corretto M5S, per i nomadi con cittadinanza straniera, non vengono fatti in modo coatto, ma offrendo 3 mila euro l’anno a chi accettava di rincasare soprattutto in Romania. Anche questo progetto è naufragato miseramente, anche perché finora hanno accettato solo sei famiglie in totale, di cui una è anche stata beccata di nuovo sul territorio del Comune di Roma ed obbligata a fare ritorno a Craiova.
Ad ogni modo il Comune di Roma smentisce che esista una via preferenziale per i rom all’accesso delle case popolari, anche se è evidente la difficoltà di una amministrazione che in due anni deve chiudere almeno tre campi (Barcuta, Monachina e Castel Romano) che da soli fanno quasi 2 mila abitanti. Che esista una corsia preferenziale per i rom è quasi una certezza.
Davide Romano
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