Roma, 17 feb – Davanti a un piatto fumante di trippa alla romana, il professore finlandese si scusa per il suo italiano. “E’ solo la mia sesta lingua”, spiega sorridendo Tarmo Kunnas, che in realtà parla la nostra lingua benissimo, seppur un po’ lentamente e alternandola con frasi in francese, con cui procede in maniera ben più spedita a causa dei lunghi soggiorni all’istituto di cultura finlandese di Parigi. Kunnas ha dedicato la sua vita allo studio della storia delle idee. In Italia è conosciuto soprattutto per La tentazione fascista, anche grazie a Renzo De Felice, che del saggio disse che si trattava del “più bel libro mai scritto su quel tema difficile e irto di trabocchetti che è il discorso sull’ideologia fascista”. Ma la ricerca dello studioso non si è fermata a quel saggio, per quanto fondamentale. Pare, anzi, che i lettori italiani potranno presto apprezzare il frutto dei suoi nuovi studi. È lui stesso a raccontarcelo, nel corso di una lunga conversazione concessa al Primato Nazionale.
Professor Kunnas, in Italia, lo abbiamo visto di recente con i grillini, il termine “fascista” ha ancora una valenza puramente polemica, la si usa per squalificare l’avversario. Da storico che effetto le fa questo uso della parola “fascismo”?
Sono uno studioso universitario e non mi appassiona molto l’attualità ma penso che sia un danno per la ricerca storica quando si usa la parola “fascista” come un insulto. Ma ho la chiara consapevolezza che esiste una difficoltà in questo senso…
Solo in Italia c’è questa difficoltà?
No, no, c’è dappertutto in Europa, ovviamente. La difficoltà è tale anche a causa di un certo determinismo ideologico di cui siamo tutti vittime che ci fa credere che i concetti della politica abbiano un contenuto esatto, assoluto, eterno. E invece non è così, è tutto molto più complicato. Per esempio, la ricerca della razza pura non è una invenzione dei nazionalsocialisti ma esisteva prima in paesi democratici come Usa, Norvegia, Svezia. Il nazionalismo non è un’invenzione italiana o fascista ma era in origine un’idea liberale. È esistito un nazionalismo di sinistra, uno conservatore etc. Io, comunque, ho studiato circa 80 intellettuali europei che per un dato periodo hanno sostenuto Mussolini o Hitler e ho cercato di spiegare perché lo hanno fatto. Non per giustificare il fascismo storico ma per capire. Io sono fenomenologo: se studio uno sciamano entro nella mentalità di uno sciamano, se voglio capire un criminale devo adottare il suo punto di vista etc. E’ tempo di vedere questo secolo di storia con serenità, senza moralismo esagerato, senza accettazione ma con comprensione.
Che idea si è fatto del motivo per cui questi intellettuali sono diventati fascisti?
La gente cerca sempre di colmare il vuoto lasciato dalla cultura politica dominante, che si appoggia solo su denaro e divertimento, panem et circenses. Il fascismo ha offerto agli individui una concezione politica carismatica, una visione del mondo che comprendeva una certa etica, una rivolta contro il dominio del denaro, una concezione polemica della religione, un sentimento tragico della vita, una immagine dell’uomo differente da quella del liberalismo o del socialismo. Ha combattuto per un mondo dove l’uomo è ancora “magico”, dove il mondo è per così dire “incantato”.
Tutto questo, ci diceva, lo spiegherà in un nuovo libro. Riprenderà le stesse tematiche de La tentazione fascista? E quando lo vedremo in Italia?
Ne La tentazione fascista parlo di una decina di scrittori. Nel nuovo libro – il cui titolo, in italiano, dovrebbe essere qualcosa come Il fascino del fascismo – ne prendo in esame almeno 80, parlando anche di filosofi come Gentile e Heidegger. È un lavoro più vasto anche come interpretazione e analisi. Enzo Cipriano, delle edizioni Settimo sigillo di Roma, mi ha promesso che lo tradurrà in italiano. Ci vorrà del tempo, dato che sono più di 700 pagine. C’è in compenso un mio libro su Knut Hamsun che Cipriano sta già traducendo e che dovrebbe essere pubblicato a breve.
La fama de La tentazione è dovuta anche al celebre e lusinghiero giudizio che ne diede Renzo De Felice…
Sì, certo. Naturalmente mi ha fatto piacere, per me De Felice era una fonte di ispirazione. Credo che lui l’abbia detto nel 1980. Questo libro è del ’72, fu una tesi per l’università di Helsinki, poi venne pubblicata in Francia e infine in Italia.
Il concetto di “tentazione fascista” è stato spesso interpretato come una sorta di illusione, un innamoramento ingenuo e scollegato dalla realtà. Era questo il suo intento?
Vede, il materiale che ci offrono questi intellettuali è immenso. Se parlassimo di tre scrittori potremmo dire che si tratta di casi particolari, ma quando si parla di 80 intellettuali dobbiamo ammettere che questa è veramente una dimensione reale del fascismo. Questi scrittori potevano sbagliare e spesso si sono sbagliati, ma d’altra parte l’impegno politico non è univoco. È un po’ come l’amore. Si può avere un contatto di una sera, un entusiasmo di tre ore, può esistere una lunga passione senza fine, è raro ma possibile, può esistere una unione razionale e calcolatrice come quella di tanti mariti che cercano il profitto nel matrimonio. Non possiamo mettere tutti questi intellettuali nello stesso sacco. C’erano gradi differenti di adesione. Si può ovviamente affermare che l’antimaterialismo morale, la riscossa contro la tirannia del denaro dei fascisti fosse solo superficiale e che l’economia fascista non fosse all’altezza di queste idee. Ma quando la realtà politica è al livello degli ideali? Gli intellettuali si sono sbagliati? Ognuno può dire che Hamsun no, per carità, non è stato fascista, Mircea Eliade no, nemmeno, Roy Campbell neanche, Pound non ne parliamo. Ma chi resta alla fine? Nessuno?
Pensi che in Italia lo hanno fatto persino con i gerarchi: Bottai fu “fascista critico”, Balbo fu fascista ribelle, Pavolini fu fascista per metà… Alla fine viene da pensare che fascista sia stato solo Mussolini…
Già, tutto questo è ridicolo…
Con quale grado gli scrittori da lei studiati erano fascisti? Chi lo era davvero e chi non lo era?
Vediamo… In Finalndia come in Svezia, per esempio, non erano veramente fascisti, c’erano tutt’al più germanofili e anticomunisti. Non volevano necessariamente una rivolta politica nel proprio paese, avevano a cuore la difesa dell’indipendenza della Finlandia contro la Russia sovietica. C’era solo la difesa della patria contro il comunismo. Hamsun era patriota norvegese, poteva deridere il razzismo di Quisling ma forse nel suo cuore aveva spazio per l’idea della grande Norvegia germanica. Il drammaturgo danese Kaj Munk era un vero fascista ma nel ’44 divenne vittima del fascismo, infatti fu ucciso dalla Gestapo. I romeni erano veramente fascisti. Eliade e Cioran fino al ’41/42 erano davvero fascisti, forse Eliade fino al ’44. In Francia Alphonse de Chateaubriant era nazionalsocialista, Drieu La Rochelle era un po’ più scettico, Céline ovviamente scettico ma con un cuore davvero fascista, Montherlant era un samurai, gli interessava solo l’estetica, non era davvero fascista, non era interessato dalla politica. Brasillach, bien sûr. Morand era un nazionalista conservatore con una tentazione fascista ma non fu mai veramente fascista. In Italia erano tutti fascisti a parte Evola, che voleva essere fascista ma era troppo originale, indipendente e spirituale per esserlo davvero. Soffici sì, Malaparte sì, anche D’Annunzio e pure Papini, un buon scrittore fascista, e poi Marinetti… Erano tutti amici personali di Mussolini e non potevano tradirlo, così rimasero fascisti anche quando smisero di crederci davvero. In Germania fu molto importante Heidegger, che è centrale nel mio nuovo libro. Egli fu davvero fascista nel ’33/34, poi fu un po’ attendista fino al ’38. Fra tutti questi intellettuali c’è una parentela, anche se poi ognuno di loro è anche unico.
Come si rapportarono questi intellettuali al tema spinoso del razzismo?
C’è una grande differenza fra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista, a riguardo. Il razzismo biologico tedesco è nebuloso, esoterico e non ha lo stesso valore culturale che ha una tradizione autenticamente nicciana. La lotta che il fascismo muove contro liberalismo e comunismo non è razzista, riguarda l’eredità filosofica e culturale dell’illuminismo. I fascisti erano attivamente contro l’eredita dell’illuminismo anche se forse volevano interpretare e rivedere l’eredità del secolo dei Lumi in un modo differente. Pound per esempio cercava una democrazia più autentica del liberalismo americano. È banale credere che il razzismo biologico fosse davvero importante per i veri intellettuali. In Italia il razzismo biologico non aveva alcuna influenza, prima. E poi i problemi della razza sono molto più complicati di quanto non dicano i nazionalsocialisti. La Weltanschauung razzista non ha profondità, è dogmatica, non è vivente.
Quindi per lei fascismo e nazionalscialismo non sono la stessa cosa declinata in salsa italiana e tedesca ma due fenomeni diversi, giusto?
Sì, due fenomeni diversi. Anche se ovviamente c’è una parentela fra loro.
Mi sembra di capire che per lei tutti i fascisti siano figli spirituali di Nietzsche, non è così?
Sì, il cuore del fascismo è nicciano e per esempio per Gentile è difficile portarsi appresso il pensiero hegeliano, che è una valigia troppo pesante per arrivare a toccare questo cuore. Si può certo tentare una sintesi, ma non è facile. Sì, i fascisti furono quasi tutti nicciani. Ezra Pound, per esempio, non lo amava molto ma uno dei suoi maestri, Orage, ha scritto su Nietzsche. Hamsun, Junger, Heidegger, lo hanno letto e studiato veramente, ma anche Malaparte, Soffici ne sono stati influenzati… Nietzsche, tuttavia, non era il padre del nazionalsocialismo. I lavori di Oehler o di Baeumler, che era certo più astuto e più intelligente, non colgono davvero le sfumature del pensiero nicciano. Possiamo dire che in qualche modo Nietzsche era allo stesso tempo fascista e antifascista. E’ un paradosso. Era giustificato, Knut Hamsun, quando diceva “Nietzsche mi ha aiutato a divenire fascista” ma non poteva dire che Nietzsche è tout court fascista. È poi possibile dare un’interpretazione da sinistra di Nietzsche, che per funzionare deve però dimenticare una, due, tre, quattro dimensioni di quella filosofia…
In tutti questi anni l’approccio della storiografia al fascismo è cambiato?
Oh, sì, all’epoca era impossibile discutere questa tesi. Il fascismo era satana. Era molto difficile. Oggi, in Finlandia, io parlo di fronte a ogni pubblico: comunisti, socialdemocratici, patrioti, tutti accettano quello che ho da dire, senza tensioni ideologiche. I giovani vogliono sapere, sono curiosi di capire…
Lei è sicuro che sia dappertutto così? In Francia, per esempio?
Non credo. Anzi, posso fare previsioni pessime a riguardo. In ogni caso, oggi la ricerca sul fascismo comincia certamente un nuovo periodo, la storiografia da polemica è divenuta una vera ricerca storica, scientifica. È quello di cui avevamo bisogno per capire davvero quell’epoca.
Adriano Scianca
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