Lampedusa, 2 ago – Bloccata la prima nave carica di immigrati a Lampedusa. La Guardia Costiera italiana, infatti, ha fermato al largo dell’isola italiana la Iuventa, di proprietà dell’ong tedesca Jugend Rettet, e l’ha scortata fino al porto. Non si sa ancora quante persone ci fossero a bordo della nave, ma due siriani sono stati fatti scendere e accompagnati al centro di prima accoglienza.
Sembra inizino, quindi, a entrare in vigore i primi provvedimenti promessi dal Viminale a quanti non abbiano sottoscritto il codice di condotta per le ong. E la Jugend Rettet è una di questa organizzazioni. Tuttavia, se dai controlli che la Guardia Costiera porterà a termine, già in mattinata la nave potrebbe riprendere la sua rotta. Lo ha riferito lo stesso comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Paolo Monaco, che una volta salito a bordo della nave è rimasto per oltre due ore nella cabina di comando. Per fermare la Iuventa sono intervenute diverse motovedette e sono stati allertati molti militari sulla banchina.
La Iuventa è un vecchio peschereccio, acquistato dall’ong un paio di anni fa in Germania quando la Jugend Rettet nacque da un gruppo di facoltosi giovani della borghesia tedesca, che decisero di salvare vite umane anziché andare all’università. Rimisero in sesto questo barcone e lo adattarono a imbarcazione per i salvataggi di uomini in mare. Oggi la Iuventa è tutt’altro che un peschereccio.
Un documentario che si trova in rete, realizzato da un gruppo di attivisti che promuovono il diritto di cittadinanza, mostra come è fatta la nave, che ha una capienza di 150 persone ma che arriva a trasportarne anche 400. Il comandante, in questo periodo, si chiama Katherine, una giovane e bionda giunonica ragazza tedesca. A bordo c’è una sala medica di pochi metri quadrati, sempre pronta all’uso, una cucina, una sala riunioni, lavatrice, doccia, una dispensa, una piccola libreria. Sul ponte le vedette coni binocoli per setacciare il mare alla ricerca di persone in acqua.
1 commento
tanto per cambiare COZZA come quasi sempre succede per queste attiviste;
chissà se “aiutare” i”refugees” altro non è che il proiettare nel diverso da sè il proprio disagio ed i propri complessi…