Atene, 29 mag – Nei giorni scorsi, leggendo alcune testate, controllate dai soliti gruppi editoriali legati a banche e finanza, si era avuta l’impressione che la Grecia fosse in procinto di uscire dalla crisi. Nulla di più falso! La longa mano della Troika è ancora ben visibile lungo tutto il territorio ellenico e continua a presentare un conto salatissimo alimentando e consolidando, di contro, il giustificato livore ed euroscetticismo da parte della popolazione greca.
Le recenti elezioni europee hanno confermato il successo del partito di sinistra Syriza di Alexis Tsipras che ha superato il 26% dei consensi. Ma molto bene ha fatto anche Alba Dorata con il 9,3%. Un paese spaccato sui due opposti estremi del parlamento ellenico ma che nonostante questo resta in mano ad Antonis Samaras e al suo governo delle larghe intese che lo scorso anno mise assieme i socialisti del Pasok e i liberal-conservatori di Nuova Democrazia.
Ed è proprio il governo in carica, che sposa le direttive impartite dalla Troika (Ue, Fmi e Bce), ad aver sottoscritto un nuovo accordo per assicurarsi aiuti per 8,8 miliardi di euro. Come è sempre successo in Grecia, questi aiuti non giungono mai senza una garanzia o, per meglio dire, senza che il governo greco abbia subito pressioni per procedere lungo le direttive economiche imposte. Quali? Ovviamente sempre le stesse: privatizzazioni, disgregazione dello stato sociale e smantellamento dell’apparato pubblico.
Questa volta per assicurarsi gli 8,8 miliardi il governo di Samaras ha dovuto accettare un condizione: privatizzare ben 110 spiagge greche. In particolare della costa di Afandou – che sono state messe in vendita dall’agenzia di privatizzazione Hellenic Republic Asset Development Fund (Taiped). “Bisogna vendere queste terre – dice un dipendente – ora, e subito. Dite alla Russia e al Qatar di fare in fretta!”
Se a qualcuno sfuggisse ancora, questa è esattamente la finalità di questa finanza predatrice: portare uno stato sovrano sull’orlo della bancarotta per poterlo indurre a dover svendere i gioielli di famiglia, proprio come una casalinga o un azienda che messa alle strette dalle banche ai primi segnali di crisi, quindi di rientro sicuro del fido, manda l’ufficiale giudiziario. Un piano diabolico messo in piedi per depredare la ricchezza primaria a poco prezzo, utile ai predatori e completamente inutile ai debitori, che saranno messi sempre di più in ginocchio. Questo loschi personaggi spolpano una preda di ogni ricchezza residua, per poi lasciarla moribonda a dover dipendere totalmente dalle loro elemosine a caro prezzo di usura.
Intanto non passa giorno senza che arrivino tristi notizie dalla Grecia. Una fonte del ministero delle Finanze ha riportato all’agenzia France Presse che ben 3.344.246 contribuenti su una popolazione di appena 11 milioni di abitanti ha arretrati con il Fisco per più di 66 miliardi di euro. Uno su tre, in sostanza, non riesce a pagare le tasse. Il baratro verso l’indigenza è stato già aperto e non ci stupirebbe leggere fra qualche mese di qualche emergenza umanitaria legata all’alimentazione. Ha senso tutto questo? Per i predoni delle banche e della finanza si!
Giuseppe Maneggio
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