Roma, 23 lug – In Italia si rafforza sempre di più la presenza degli imprenditori immigrati. Questo è quanto emerge dall’indagine dell’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Finanziaria dei migranti, al termine del quarto anno di attività.
L’osservatorio nasce dalla collaborazione dell’Associazione bancaria italiana (ABI) e il Ministero dell’Interno, e gestito dal Centro studi di politica internazionale (CeSpi). Secondo questo report: “In cinque anni l’area small business a titolarità immigrata è cresciuta del 65%. Se nel 2010 i conti correnti intestati a imprenditori stranieri erano pari a 74.237, nel 2015 sono risultati 122.494, evidenziando un tasso di crescita medio annuo del 10,5%”. Questi dati non sono certo una novità, quello che stupisce stavolta è il tono trionfalistico con cui vengono presentati i risultati della ricerca. L’associazione bancaria italiana non manca infatti di tessere le lodi delle aziende guidate da immigrati: “La popolazione immigrata è sempre più attiva nel lavoro autonomo e nella piccola e media imprenditoria. Un fenomeno complesso e in crescita quello delle imprese create da migranti in Italia, da inquadrare nel contesto più ampio della regolare presenza di stranieri sul territorio, e che si sta rivelando capace di contribuire all’economia del Paese”. Nella ricerca si sottolinea anche la crescita dell’imprenditoria migrante femminile. Le donne diversamente italiane al vertice delle aziende rappresentano circa il 32% dell’area small business con titolare straniero (nel 2011 erano il 27%), registrando negli ultimi quattro anni tassi di crescita superiori (mediamente di cinque punti percentuali) rispetto alla media del segmento imprenditoria immigrata nel suo complesso. Dopo il bocconiano Tito Boeri arriva l’Abi a spiegarci che non possiamo fare a meno degli allogeni.
Solo gli italiani, dunque pagano la crisi? Pare proprio di sì. Come si è già detto, ma giova ripeterlo, le aziende guidate da stranieri nel primo trimestre di quest’anno sono cresciute di 3.674 unità. Nello stesso periodo, le imprese fondate da italiani si sono invece ridotte di 19.759. In Italia un’impresa su dieci è guidata da immigrati. Aumentano i conti correnti dei nuovi arrivati ma la stretta creditizia si fa sentire. Infatti, secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre: “Da aprile 2014 ad aprile 2017, cioè in questi ultimi tre anni di crisi del sistema creditizio, la diminuzione di prestiti e credito da parte delle banche alle aziende italiane ha registrato 62,4 miliardi di euro in meno”. La regione più colpita dalla stretta del credito è stata il Veneto. La crisi della Popolare di Vicenza, di Veneto Banca, del Monte dei Paschi, che ha incorporato Antonveneta dal 2013, e di alcune banche di Credito Cooperativo locali ha innescato una stretta sul credito senza precedenti: -10,7% contro una media nazionale del -6,8 per cento. In termini assoluti, alle aziende venete sono stati tagliati 10,8 miliardi di prestiti (pari al 17,3% del dato nazionale).
Salvatore Recupero