Roma, 11 lug – “L’oro di Mosca per finanziare Salvini?”. Così titolava ieri un indignato articolo di Democratica, il sito di informazione del Pd, che riportava la presa di posizione dell’indefesso Emanuele Fiano sull’inchiesta di BuzzFeed: “Non siamo la magistratura ma esprimiamo una posizione politica – ha tuonato il parlamentare dem – se è vero quanto trascritto, in quell’incontro si tratta una cessione di denaro da uno stato sovrano estero a un partito italiano. Se così fosse sarebbe di una gravità inaudita. Chiediamo formalmente che il ministro venga a rispondere nell’Aula della Camera”. E’ opportuno che il partito nato dalle ceneri del Pci chieda al ministro dell’Interno di riferire in Parlamento riguardo a un audio pubblicato da un sito americano e che, fino a prova contraria, non dimostra nulla? Ma sopratutto, cos’è ‘l’oro di Mosca’ evocato dal sito del Pd?
Cos’è l’oro di Mosca
Memento per i compagni smemorati. L’espressione Oro di Mosca (meno nota: Oro della Repubblica), è utilizzata per riferirsi al trasferimento di 510 tonnellate d’oro, pari al 72,6% delle riserve internazionali del Banco de España, dal deposito di Madrid verso l’Unione Sovietica poco prima dell’inizio della guerra civile spagnola. Successivamente la stessa espressione verrà però usata per indicare i finanziamenti da parte dell’Urss ai partiti comunisti europei e in particolare a quello italiano.
Nel 1993 uscì un libro, edito da Baldini e Castoldi, titolato appunto “L’oro di Mosca”. L’autore, Gianni Cervetti, descriveva il suo ruolo nel Pci: era incaricato di bussare alla porta di Boris Ponomarev, ovvero il capo sovietico del Dipartimento per i rapporti con i partiti comunisti occidentali dal 1957 al 1986. Il giornalista Vittorio Gorresio, nella sua biografia di Berlinguer (edita da Feltrinelli nel 1976), definì Ponomarev “il cane da guardia messo dal Cremlino a sorvegliare il grande gregge dei partiti comunisti non al potere”. In pratica il delegato del Pci, si rivolgeva a questo simpatico personaggio per chiedere un sostegno economico al Cremlino. Ce lo immaginiamo in punta di piedi, un po’ trafelato e sudaticcio mentre spiega le esigenze del partito bisognoso di rubli, anzi di dollari. Perché Cervetti, per sua stessa ammissione, incassava da Ponomarev assegni in dollari.
L’oro da Mosca
Qualche anno dopo l’uscita del libro di Cervetti, la Mondadori ne diede alle stampe un altro di Valerio Riva. Il titolo era lievemente diverso: “Oro da Mosca”. La sostanza però era la stessa, si parlava dei finanziamenti che l’Urss elargiva al Pci. Ma proprio dalle ricerche di Riva negli archivi dell’Urss, sappiamo che complessivamente il “più grande partito comunista d’Europa” ricevette, dalla fine della Seconda guerra mondiale fino agli anni novanta, la modica cifra (calcolata in lire) di 989 miliardi. Pari a circa un quarto del totale dei soldi gentilmente devoluti da Mosca, nello stesso periodo, ai “partiti e alle organizzazioni operaie di sinistra” di tutta Europa.
Ecco, oggi il partito nato dalle ceneri di Pci e derivati, chiede a Salvini di giustificarsi per un presunto finanziamento ricevuto da Putin. E, per farlo, evoca ironicamente l’oro di Mosca. Congratulazioni tovarish.
Eugenio Palazzini
1 commento
Chi scrive augura la malora ai comunisti e a chi li vota da quando aveva 12 anni… A tutt’ oggi ne ha ammucchiati 63…..