Roma, 23 mar – “Siamo in un’economia di guerra, perderemo 100 miliardi al mese“. Parola del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. “Con questo decreto si pone una questione che dall’emergenza economica ci fa entrare nell’economia di guerra. Il 70% del tessuto produttivo italiano chiuderà” in questa fase, è l’allarme lanciato ai microfoni di Circo Massimo, su Radio Capital, in merito alle restrizioni alla produzione decise dal governo. “Se il Pil è di 1.800 miliardi all’anno vuole dire che produciamo 150 miliardi al mese, se chiudiamo il 70% delle attività vuol dire che perdiamo 100 miliardi ogni trenta giorni”, avverte.
Boccia: “Quanti giorni può sopravvivere un’azienda a fatturato zero?”
“Dobbiamo porci due domande: come far arrivare i prodotti essenziali a supermercati e farmacie, e come fare per far riaprire le imprese e riassorbire i lavoratori, visto che la cassa integrazione aumenterà”, sostiene Boccia. “Dobbiamo occuparci e preoccuparci di come uscire da questa criticità per evitare che molte aziende, se non tutte, per crisi di liquidità potrebbero non riaprire più nel giro di poche settimane”, fa presente. “Quanti giorni, quanti mesi può sopravvivere un’azienda che arriva a fatturato zero?“, è l’allarme del numero uno di Confindustria.
“Serve un fondo di garanzia per liquidità a imprese”
Boccia fa due conti, alla luce del Dpcm ribattezzato “Chiudi Italia”: “Con questo nuovo decreto sono moltissime le persone che rimangono a casa, se si calcola che resta aperto solo il 20-30% delle attività intese come essenziali. E’ un’operazione massiva che costerà tanto, allo Stato e a tutti noi. Ci avviamo a mesi difficili e dobbiamo evitare di non pensare alla ‘fase 2’: dobbiamo vincere la battaglia contro il virus e almeno per la difesa, non dico il rilancio, dell’economia”, ci tiene a precisare. Per il numero uno dell’associazione degli industriali servono i fatti: “La preoccupazione non basta, serve l’azione per fare in modo che lavoratori e imprenditori superino questa fase di transizione. Abbiamo proposto al governo di allargare un fondo di garanzia che permetta di avere liquidità alle imprese per superare questa fase di transizione“. Certo, “usciremo tutti con un debito“, precisa, “ma che potrà essere pagato a 30 anni, come un debito di guerra. Dobbiamo intervenire per fare in modo che, quando tutto sarà finito, le aziende riaprano e tutto, con gradualità, torni alla normalità”, spiega. Ma tutto dipende da quanto durerà questo regime emergenziale: “Se sono 15 giorni è un conto, se sono mesi un altro”, precisa.
La replica ai sindacati: “Sciopero generale? Non capisco su cosa”
Intanto, i sindacati contestano duramente il decreto e non escludono una mobilitazione. “Sciopero generale? Non capisco su cosa. Non ho capito cosa si dovrebbe fare più di quello che si è fatto. Cerchiamo di essere compatti sui fini. Ai sindacati chiedo di guardare alle cose con grande buon senso. E’ un momento delicato della vita del Paese e noi siamo con loro per condividere l’obiettivo del decreto: garantire imprese, lavoratori, imprenditori, filiere dei beni essenziali, e insieme costruire le condizioni perché queste aziende possano riaprire superata la fase di criticità e non chiudere definitivamente. E’ nell’interesse del Paese, non solo dei sindacati”, fa presente Boccia. “Ora bisogna lavorare su due strumenti necessari: garantire alle imprese la liquidità e costruire un’operazione di opere pubbliche in modo che la domanda pubblica possa compensare il calo di domanda privata. Oggi parliamo di numeri più rilevanti del decreto da 25 miliardi, bisogna prenderne consapevolezza. La Ue lo ha già fatto sospendendo il Patto di stabilità“, è il messaggio forte e chiaro al governo Conte.
Insomma, servono soldi, veri e subito. Altro che “supercazzole” alla Gualtieri abbondantemente smascherate, oltre che superate dagli eventi.
Adolfo Spezzaferro