Roma, 22 mar – Sul colletto della nuova maglia della Nazionale italiana di calcio compaiono i versi dell’Inno di Mameli: “L’Italia chiamò”. Ma qualcuno mugugna: “È fascista”.
La nuova maglia della Nazionale
Nell’amichevole di ieri contro il Venezuela, vinta per 2 a 1 dall’Italia, ha debuttato anche la nuova maglia degli Azzurri. Ma fin dal sua presentazione, avvenuta il 14 marzo, c’è chi ha contestato la volontà “suscitare un senso di orgoglio e di appartenenza” e di esaltare “in chiave sportiva il senso identitario delle parole dell’Inno di Mameli”. Come nota oggi Daniele Dell’Orco su Libero: “Il solo richiamo all’Inno nazionale ha fatto sobbalzare i progressisti nostrani, da sempre allergici a qualsiasi declinazione del termine ‘identità’ e per di più da un anno e mezzo governati da un premier che guida un partito chiamato come l’attacco dell’Inno di Mameli: Fratelli d’Italia. Qualche maligno è arrivato persino a complottare che la scelta non sia stata casuale né slegata dalla volontà ‘totalizzante’ del governo”. Insomma, una simile esternazione di amor di Patria non poteva che andare indigesta alla solita sinistra anti-italiana. Oltretutto c’è chi polemizza perché quei versi sarebbero troppo bellicisti e guerrafondai, una chiamata alle armi a cui vorrebbero rispondere con qualche lacrimoso messaggio pacifista.
Le polemiche
Tuttavia le critiche per la nuova maglia della Nazionale non sono arrivate solo da sinistra: “C’è anche chi, però, la contesta in senso opposto: che senso avrebbe, dicono i detrattori, un richiamo ad un patriottismo che non esiste più e ad un verso che segue quel ‘siamo pronti alla morte’ a cui nessuno, o quasi, sarebbe mai disposto ad aderire?”. Un disfattismo che però non è così diverso dalle altre manie masochiste. Dell’Orco non lo cita, ma forse ha in mente un articolo apparso su Contrasti che parlava appunto della nuova maglia nei termini di un “insulto storico”, con i versi cuciti sul colletto della maglia che venivano descritti come “parole vuote che servono per rinfocolare uno stereotipo di unità nazionale retrotopico e nostalgico”, irridendo perfino la chiamata alle armi presente nell’Inno per il fatto che non c’è più leva obbligatoria o sacrificio militare. Un discorso incapacitante e smobilitante, incapace di arrivare da qualsiasi parte se non nell’abusata sequela luoghi comuni come “i confini non esistono” o gli italiani perennemente “da fare”.
Michele Iozzino