Roma, 23 mar – I medici in prima linea per l’emergenza coronavirus stanno pagando un tributo altissimo in termini di contagi e vite umane. Più che nel resto del mondo. Altri due medici sono morti nelle ultime ore, un ospedaliero che era in pensione e un infettivologo che lavorava in una casa di cura. Si allunga sempre più l’elenco dei camici bianchi colpiti dal Covid-19. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, dall’inizio dell’epidemia in Italia sono 4.824 i professionisti sanitari contagiati dal coronavirus, pari al 9% del totale delle persone contagiate, una percentuale più che doppia rispetto a quella cinese dello studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (3,8%). E la fondazione Gimbe-Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze teme peraltro che il dato sia ampiamente sottostimato. Ecco perché chiede che i test vengano estesi a tutti i professionisti e operatori sanitari e che siano forniti strumenti di protezione a chi è impegnato contro l’emergenza.
Morti altri due medici, a Cremona e a Parma
Il Covid-19 fa altre due vittime tra i medici. Il primo è Leonardo Marchi, infettivologo e direttore sanitario della Casa di Cura San Camillo a Cremona. Il secondo è Manfredo Squeri, medico ospedaliero in pensione. In totale, i decessi certificati di medici sul fronte dell’emergenza salgono a 19, come rende noto la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo).
Gimbe: “Priorità ai tamponi per tutti gli operatori sanitari”
La Fondazione Gimbe invita tutte le Regioni, seguendo quanto già deliberato in Emilia-Romagna e Calabria, a dare la priorità assoluta all’esecuzione di tamponi a tutti gli operatori sanitari, sia in ospedale, sia sul territorio, con particolare attenzione ai professionisti coinvolti nell’assistenza domiciliare e nelle residenze assistenziali assistite, oltre che nelle case di riposo. “Un mese dopo il caso 1 di Codogno – fa presente Nino Cartabellotta, presidente della Gimbe – i numeri dimostrano che abbiamo pagato molto caro il prezzo dell’impreparazione organizzativa e gestionale all’emergenza. Inoltre la mancanza di policy regionali univoche sull’esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, conseguente anche al timore di indebolire gli organici – spiega – si è trasformata in un boomerang letale. Infatti, gli operatori sanitari infetti sono stati purtroppo i grandi e inconsapevoli protagonisti della diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti”.
Ludovica Colli