Roma, 22 dic – Esiste un’Argentina che non ci sta e che scende in piazza contro il neo presidente Javier Milei, il “liberista d’assalto” che aveva preannunciato – e sta già iniziando a mantenere, con il decreto sulla deregulation e le privatizzazioni – una macelleria sociale senza troppi sconti.
L’Argentina che non ci sta scende in piazza contro Milei
Come riporta l’Ansa, sono due le nottti di protesta nella nuova Argentina di Milei. Le privatizzazioni e le conseguenze sociali che comporteranno spaventano in molti. Ed ecco che le manifestazioni si moltiplicano: non solo nella capitale Buenos Aires ma anche a Rosario, a Mar del Plata, Santa Fe e Cordoba. Diversi i casi di scontri tra polizia e manifestanti (in particolare a Cordoba, dove i poliziotti hanno impiegato gas lacrimogeni e spray per disperdere il raduno nella piazza Patio Olmos). Il decreto è stato valutato anche come “incostituzionale” da parte di molti tecnici, ma il governo si è detto deciso ad andare avanti.
Il decreto sulla deregulation? Sostanzialmente, la giungla
Difficile utilizzare una metafora meno colorita di quella della giungla. Del resto, lo stesso Milei lo aveva annunciato: serviranno lacrime e sangue. E così è stato, leggendo i primi tre articoli che ne presentano il quadro generale, presentato dal presidente a reti unificate. Dalla “‘emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, amministrativa, previdenziale, tariffaria, sanitaria e sociale fino al 31 dicembre 2025”, alla deregolamentazione in cui si afferma che “lo Stato nazionale promuoverà la vigenza di un sistema economico basato su decisioni libere, adottate in un contesto di libera competenza”, per la quale “verrà attuata la più ampia deregolamentazione del commercio, dei servizi e dell’industria” (insomma, la concretizzazione della giungla del libero mercato di cui sopra). Terzo articolo: politica estera commerciale e la necessità di adottare standard internazionali in materia di commercio di beni e servizi, rispettando le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) oltre che dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
Paese “pentito”?
Non esageriamo. Ovviamente le manifestazioni non possono coinvolgere la maggioranza del popolo argentino (come non può farlo nessuna manifestazione di alcuna comunità, in generale), tanto è che si parla di diversi focolai con migliaia di persone al seguito. Però tutto ciò ci può dire molto di un Paese che si trova in una fase sbandata della sua già non fortunata storia. La triste verità è che anche Unione per la Patria, la coalizione peronista oppostasi a Milei alle elezioni, si sarebbe trovata in una condizione simile, ovvero quella di dover “saldare” i conti con i vari Fondo monetario internazionale ed esteri variegati. Sicuramente, nel Paese c’è la consapevolezza di dover affrontare una fase sociale opposta a un orientamento, il peronismo, che più che essere stato condannato dalla storia (come con troppa semplicità ci raccontano le cronache sul secolo scorso) si è rivelato ostracizzato in un Paese costantemente sotto attacco finanziario e senza la capacità politica di farvi fronte. Milei aveva più volte annunciato che l’unico modo per affrontare l’indebitamento sarebbe stato lo choc finanziario (dunque, deregulation e privatizzazioni): ma c’è chi si rende conto del massacro sociale a cui si sta andando incontro, in una Nazione che peraltro già non “naviga nell’oro” come si suol dire.
Stelio Fergola