Roma, 4 ott – Via Casaleggio dalla piattaforma Rousseau, basta capo politico solo al comando, più democrazia. Ecco la Carta di Firenze della fronda anti-Luigi Di Maio all’interno del Movimento 5 Stelle. Sono i pentastellati contrari all’alleanza con il Partito Democratico, che domenica scorsa si sono riuniti nel capoluogo toscano per stilare un documento programmatico da sottoporre ai vertici del Movimento, in cui si parla di “un nuovo Rinascimento”, a prova di scissioni e libero dalle correnti. La “Carta di Firenze per una coerente rinascita del MoVimento Cinque Stelle” (online su www.cartadifirenze2019.it) è stata pubblicata volutamente nel giorno in cui il M5S compie 10 anni.
“Il Movimento per governare ha rinunciato ai principi identitari”
“In nome di una fraintesa responsabilità di governo – scrivono i “duri e puri” a 5 Stelle – il Movimento ha rinunciato ai propri principi identitari. Riceviamo sia per strada che sul web accuse sempre più sferzanti sulle ‘promesse non mantenute’ e sui ‘compromessi al ribasso’. La nostra coscienza di attivisti si ribella e ci impone di riportare il M5S al pieno rispetto dei suoi valori con perseveranza e soprattutto coerenza”.
“Un’assemblea nazionale per riformare lo statuto”
Da qui le proposte, raggruppate in cinque paragrafi. Il primo riguarda la trasparenza e la democrazia interna: si chiede la convocazione di un’assemblea nazionale per avviare una riforma dello statuto, che passi per il “superamento della figura del capo politico mediante l’introduzione di organi elettivi e collegiali a livello nazionale, regionale e provinciale, che abbiano l’autorità di intervenire nella gestione dei conflitti interni nelle aree di competenza”.
“La proprietà della piattaforma Rousseau sia del Movimento”
Si chiede inoltre l'”attribuzione della piena proprietà e della gestione del Sistema operativo Rousseau al Movimento 5 Stelle assicurando la massima trasparenza della piattaforma, in particolare verso le richieste di: accesso pubblico all’anagrafe territoriale degli iscritti, verificabilità degli esiti delle consultazioni”.
“Maggiore trasparenza sulle spese dei portavoce”
Nella carta di Firenze si chiede poi il “miglioramento di ‘Tirendiconto‘ per aver maggiore trasparenza sulle spese dei portavoce; completa coerenza con le principali battaglie identitarie e territoriali del M5S; formulazione di un codice etico unico e inderogabile che imponga il pieno rispetto del mandato elettorale e disciplini la sovrapposizione tra nomine in società pubbliche o private e cariche elettive, scongiurando conflitti di interesse in qualunque forma”.
“Riorganizzazione dal basso e rispetto dei principi fondativi”
I militanti della prima ora – chiamiamoli così – chiedono inoltre una “riorganizzazione dal basso”, avanzano proposte sui “processi partecipativi” con tanto di regolamento nazionale e tavoli di lavoro permanenti. Infine, regole nuove per le candidature e le nomine degli eletti all’interno del M5S, nonché “nuovi strumenti di valutazione degli eletti che garantiscano un confronto periodico tra la base e i portavoce, così da verificare il rispetto dei principi fondativi del Movimento e il perseguimento degli obiettivi nell’arco del mandato”.
Insomma, ora che il M5S sembra essere parte di quella casta che all’inizio combatteva, gli anti-casta tra le fila pentastellate alzano la voce. E chiedono un codice etico che imponga passo passo ai rappresentanti politici e istituzionali di rendere conto agli iscritti sul loro operato e che impedisca nuovi “tradimenti” come l’inciucio con il Pd. Chissà che ne diranno Di Maio e soci, a partire dal patron del Movimento Casaleggio.
Adolfo Spezzaferro