Londra, 24 giu – Parliamoci chiaro: la Gran Bretagna non è mai stata, tra spinte storicamente autonomiste e il geloso mantenimento della moneta sovrana, un gran partner dell’Unione Europea. Non rientra, ad esempio (ma molti commentatori sembrano essersi dimenticato di ciò) fra i paesi fondatori, per cui a venire a mancare non è un “pilastro fondamentale” o che dir si voglia. Nonostante ciò, la decisione popolare di uscire dal consesso comunitario è stata avversata con tale acredine – non senza far ricorso anche a vero e proprio terrorismo psicologico – da far sembrare che, forse, qualcosa di buono dell’abbandono di Bruxelles ci fosse.
A cosa porterà la Brexit per Londra? E’ troppo presto per dirlo. Le borse stanno picchiando, ma l’impressione è che sia solo un aggiustamento tecnico dopo che per giorni avevano, con forti rialzi, scommesso sulla vittoria del “Remain”. I mercati finanziari rappresentano tuttavia l’archetipo della reazione di breve, brevissimo periodo, poco più di una scommessa. Sul medio-lungo termine la situazione si fa decisamente più complicata. Perché al governo di Sua Maestà non basterà ripristinare lo status quo nel giro di un paio di giorni: se l’ingresso della Gran Bretagna ha richiesto parecchi anni, si può ipotizzare che per la Brexit ne serviranno almeno un paio. Dovranno essere rinegoziati i trattati di adesione all’Ue, bisognerà riorganizzare la burocrazia, le operazioni di frontiera ad esempio, gli accordi di libero scambio oggi dati per scontati e via dicendo.
E’ lecita, a questo punto, la domanda: converrà ai britannici? Nei primi anni, quelli cioé richiesti per procedere agli aggiustamenti richiesti, è lecito pensare che i costi saranno superiori ai benefici. I quali, però, cominceranno a farsi sentire successivamente. A seguito della Brexit, Londra recupera infatti porzioni di sovranità non indifferenti: potrà tornare ad una politica commerciale autonoma, potrà tornare a regolare i movimenti di capitali come meglio crede senza sottostare ai vincoli europei – quelli costruiti per uno ma estesi acriticamente a tutti e che tanto infastidicono – potrà tornare ad avere una politica industriale che in passato ha fatto la forza del regno. La sterlina in forte calo potrà senza dubbio dare una mano, dato che una moneta svalutata aiuta l’export. Ed ecco la vera preoccupazione dei burocrati di Bruxelles: la Gran Bretagna è un importatore netto rispetto all’Ue ma soprattutto rispetto alla Germania.
Il tutto non in automatico, però: i tecnicismi non bastano, servirà una guida politica che sappia indirizzare e tradurre in pratica la volontà popolare. Ricordate in Grecia? Con il referendum si era chiesto di rinegoziare l’ennesimo memorandum, in effetti così il governo si è poi mosso. Che poi l’abbia fatto in termini peggiorativi, è un altro discorso.
Filippo Burla
1 commento
Il futuro 🙂
http://ilducabianco3.blogspot.it/2016/06/brexitvince-il-si.html