Roma, 19 mar – Si complicano le cose in casa Alitalia. Con il “no” ricevuto da EasyJet, sfilatasi ieri dalla corsa, il salvataggio si fa sempre più in salita. Lasciando così il cerino in mano al governo.
Salta il piano
Il piano dell’esecutivo per far tornare a volare la nostra (fu) compagnia di bandiera poggiava su due gambe: per l’appunto EasyJet e l’americana Delta Airlines.
La prima avrebbe dovuto fornire sostegno ai voli a breve e medio raggio. Da oltreoceano sarebbe invece arrivato l’aiuto per quanto riguarda quelli a lungo raggio. Settori, entrambi, sui quali Alitalia fatica: nel primo perché la concorrenza delle low cost (fra cui la stessa EasyJet) è insostenibile, nel secondo perché nel corso degli ultimi anni gli investimenti hanno latitato.
Delta rimane in questo modo l’unico “promesso sposo” rimasto. La compagnia a stelle e strisce ha confermato il proprio interesse, ma inizialmente entrerà con solo il 10% delle quote. Un apporto estremamente limitato, che sconta il fatto di aver perso una delle due gambe sulle quali doveva basarsi il rilancio.
Alitalia nazionalizzata (per ora)
Il problema, a questo punto, riguarda il restante 90% del capitale. Ferrovie potrebbe salire al 40% (inizialmente doveva essere il 30), un altro 15% arriverebbe dalla conversione del prestito ponte del ministero dell’Economia.
Per la copertura del rimanente 35% si aprono le danze. Ferrovie avrebbe – condizionale d’obbligo – strappato il sì di Fincantieri per una quota attorno al 15%. Per l’ultimo 20% la partita è ancora aperta: si parla del coinvolgimento di altre partecipate pubbliche o di soggetti finanziari privati.
Il futuro: l’incognita piano industriale
Nulla vieta che Delta possa nel tempo incrementare il proprio peso azionario. Indiscrezioni riferiscono della possibilità di salire al 40% già nel futuro prossimo. Una circostanza, quest’ultima, legata però ai risultati che la compagnia saprà conseguire.
E qui si apre un ulteriore capitolo. Alitalia ha sofferto enormemente la mancanza di un piano industriale che le permettesse di riposizionarsi nello scacchiere globale. La partita si gioca soprattutto sul lungo raggio, ambito per competere nel quale servono investimenti per centinaia di milioni. Per non dire miliardi. Chi li metterà? Se il governo dovrà intervenire con la nazionalizzazione (a più mani), allora la palla sarà nelle sue mani.
Una scommessa importante, da un certo punto di vista quasi un azzardo. Ma arrivati a questo punto, con gli ultimi anni persi a cercare di incastrare caselle legate praticamente solo agli assetti proprietari, resta l’ultima strada da percorrere prima i perdere definitivamente il treno. O meglio, il volo.
Filippo Burla