Roma, 28 set – Un insospettabile come Ray Bradbury lo ha definito “uno dei più grandi rivoluzionari del sesso”. Con la sua vestaglia e la sua pipa, Hugh Hefner non aveva l’aria del rivoluzionario, in verità, anche se forse il fatto di parlare di sesso nell’America puritana degli anni ’50 poteva in effetti avere un aspetto di rottura. Il fondatore di Playboy è morto a 91 anni mercoledì, nella sua casa vicino a Beverly Hills, la celebre “Playboy Mansion”. Nato a Chicago nel 1926, da una famiglia di origini svedesi, tedesche e inglesi e in un ambiente che egli stesso definiva “conservatore, midwestern, e metodista”, Hugh Marston Hefner aveva lavorato come pubblicitario per un grande magazzino, poi da Esquire e poi responsabile della vendita di una rivista per bambini. Aveva però lasciato tutto per aprire la sua rivista, con i suoi risparmi di 600 dollari, altri 7.000 presi in prestito in giro, tra cui mille dalla madre.
Il primo numero di Playboy fu pubblicato nel dicembre del 1953 e venduto a 50 centesimi di dollaro. Vi compariva l’allora esordiente Marilyn Monroe, a cui fu dedicato il primo paginone centrale. La rivista vendette l’intera tiratura di 53.991 copie. Il logo della rivista, fu disegnato da Art Paul e comparve per la prima volta nel secondo numero. Nel primo editoriale, Hefner spiegava senza mezzi termini: “Vogliamo chiarire fin dall’inizio che non siamo un magazine per famiglie. Se sei la sorella, la moglie o la suocera di un uomo, e hai preso questa rivista per sbaglio, per favore passala a lui e torna al tuo Ladies Home Companion”. Una prosa che oggi verrebbe bollata come potenzialmente femminicida. Le femministe, diceva del resto Hefner, “sono le nostre acerrime nemiche”. Insieme a loro, in un’accoppiata rivelatrice, c’erano ovviamente i moralisti, che nell’America di ieri e di oggi non mancavano.
Sarebbe un errore, tuttavia, leggere l’operazione di Hefner alla luce della categoria della trasgressione: Playboy, al contrario, ha dato vita a una sorta di erotismo patinato e inoffensivo, profondamente americano nel suo spirito adolescenziale. Ha scritto di lui Umberto Eco, in una delle rare occasioni in cui non si occupava di firmare appelli liberticidi e di insultare chi la pensava differentemente da lui, che “l’idea geniale di Hefner è stata quella di vendere non il sesso, ma la rispettabilità del sesso, l’autorizzazione a parlarne, a giocarci su in pubblico”. Infatti, “indipendentemente dal fenomeno economico che rappresenta, sul piano del costume ha vinto la sua battaglia e nel modo più accorto: ha preso sempre possesso di territori già saccheggiati dai suoi concorrenti più deboli. Non ha mai avanzato una proposta pericolosa, ha sempre lavorato in retroguardia, il suo é stato un lavoro di legittimazione di quello che era scandaloso il giorno prima. Ora, se vuole, può anche far eleggere un presidente”. Cosa che è più o meno successa con l’elezione di Donald Trump.
Adriano Scianca