Roma, 23 gen – A partire dal 2008, con la famigerata “riforma Gelmini”, le ore di insegnamento di Storia dell’arte vennero tagliate o, in rari casi, ridotte drasticamente. Il 31 ottobre 2013, in seguito a numerose battaglie e petizioni, giunge in Commissione Cultura Scienze e Istruzione della Camera l’emendamento che propone il ripristino dell’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole.
L’ emendamento viene bocciato. Ripristinare l’arte nelle scuole “significherebbe aumentare una spesa che è stata tagliata perché il Paese non è in grado di sostenerla” – si legge nell’atto ufficiale.
Scrive Tina Lepri, giornalista e critica d’arte: “La scuola italiana di Storia dell’arte era da sempre un modello in Europa, introdotta dalla riforma Gentile del 1923. Oggi i dati Ocse descrivono la nostra scuola «ignorante», precipitata agli ultimi posti, vicina al Montenegro e alla Tunisia. Questo mentre altri Paesi, come Francia, Austria e Portogallo, si ispirano alle discipline della Storia dell’arte e del Disegno secondo le linee pre riforma Gelmini, e la introducono anche nelle classi elementari”. Anche nell’ultimo decreto sull’istruzione, fortemente voluto dal Ministro Carrozza, non si è espressa una sola parola sulla storia dell’arte. Sparirà dunque il sentimento di stupore che i liceali provavano di fronte al Partenone o a Giotto o a Botticelli, dopo averli duramente studiati per mesi in aula.
Dunque l’Italia non muore solo per la disoccupazione giovanile al 41%, per la povertà dilagante, il debito pubblico e le privatizzazioni.
Ci sono almeno due ragioni per cui è folle eliminare l’insegnamento dell’arte nelle scuole:
-Innanzitutto l’arte italiana potrebbe essere un incredibile motore economico.È noto a tutti che a fronte di un patrimonio invidiabile ed unico corrisponde una gestione approssimativa delle nostre bellezze. Ormai celebri nel mondo sono diventati i crolli di Pompei, il degrado del Colosseo, i pochi visitatori del Museo Nazionale di Reggio Calabria dove sono custoditi i Bronzi di Riace. Gli Stati Uniti ad esempio, che possiedono meno della metà dei nostri siti, riescono a guadagnare 16 volte in più dell’Italia grazie ai loro musei.
-Inoltre un popolo incapace di conoscere le proprie radici e di elevarsi tramite il Bello è destinato a morire. Non c’è civiltà senza arte e non c’è arte senza civiltà. Nella parola arte c’è il radicale indoeuropeo *ar-, lo stesso che indica eccellenza, regalità, nobiltà. Lo stesso radicale che in sanscrito, nella parola “rti”, assume il significato di “muovere”, “suscitare”. L’arte, per i nostri antenati, è uno dei mezzi che suscita il Bello e funge da supporto al divino. Ecco perché fino al Medioevo gli artisti rimanevano anonimi e impersonali.
Simbolo della nostra epoca non è più la colonna dorica ma la banca: mentre Pompei crolla si stanziano miliardi di euro per salvare le banche e compiacere l’Europa.
Roberto Guiscardo