Roma, 22 giu – Decine di striscioni in tutta Italia e hashtag in tendenza su Twitter: #riprendiamocizennaro. Così CasaPound chiede la liberazione immediata dell’imprenditore italiano ai domiciliari in un albergo di Khartum, capitale del Sudan.
Marco Zennaro, dopo oltre due mesi passati in carcere – in condizioni disumane – è ora in attesa di processo. Al riguardo nei giorni scorsi Cpi era scesa in piazza a Roma e Milano.
#riprendiamocizennaro, la nota di CasaPound
“Non dobbiamo lasciar calare l’attenzione sul caso Marco Zennaro. Non possiamo permetterci di dimenticare un nostro connazionale rinchiuso ingiustamente da uno stato estero e in attesa di quello che, viste le premesse, quasi sicuramente sarà un processo farsa”, si legge nella nota diffusa da CasaPound. “Ci aspettiamo maggior incisività dalla Farnesina, la cui azione fino ad ora è stata a dir poco imbarazzante, condita da dichiarazioni che denotato una totale incapacità nella gestione del caso. Uno stato degno di questo nome – scrive Cpi – sarebbe già intervenuto per riportare a casa il proprio cittadino, tanto più alla luce delle dichiarazioni di alcuni rappresentanti del governo sudanese che, vista l’inconsistenza delle accuse, sotto gli occhi di tutti, si sono spesi in prima persona per aiutare Zennaro, al contrario dei nostri rappresentanti”.
Un caso non ancora risolto
CasaPound vuole tenere i riflettori accesi sul caso Zennaro, tutt’altro che risolto nonostante la liberazione dal carcere dove l’imprenditore veneto era stato rinchiuso. Anzi, è proprio adesso che il governo italiano – in primis il ministero degli Esteri – devono accelerare per rimpatriare quanto prima Zennaro. “Come CasaPound non possiamo lasciar cadere la vicenda nel dimenticatoio: non vogliamo rischiare che Zennaro, come tanti altri nostri connazionali nel mondo, rimanga a marcire in una prigione nella totale indifferenza di uno stato che ha evidentemente dimenticato una delle sue prerogative: salvaguardare, proteggere e difendere i propri cittadini, anche fuori dai confini nazionali”, conclude Cpi.
Alessandro Della Guglia
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