Roma, 2 giu – Dunque, cerchiamo di capirci qualcosa: l’Italia ha già una sua “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”. Essa cade il 4 novembre, anniversario della vittoria italiana nella Grande Guerra. È già abbastanza curioso che questa ricorrenza non faccia riferimento, nel suo nome ufficiale, all’occasione che l’ha fatta nascere: perché non chiamarla Festa della vittoria? Forse perché si ritiene che, rimanere troppo ancorati a quella memoria, crei divisioni nell’oggi. Sciocchezze, dato che si può tranquillamente onorare la propria vittoria senza per questo rilanciare un antistorico odio verso i nemici di ieri. Ma soprassediamo.
La cosa curiosa, tuttavia, è che la giornata delle Forze Armate non preveda una parata delle Forze Armate. Che invece avviene il 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica. Che senso ha tutto questo? Nessuno, ovviamente. Anche senza voler polemizzare sulla ricorrenza odierna, sulle sue origini, sulla storia dei presunti brogli etc, resta il fatto che il 2 giugno è una festa civile, di natura politica, che celebra un evento che almeno all’epoca fu divisivo. Le Forze Armate, che rappresentano e difendono tutta la nazione, non una parte di essa né una particolare forma di governo, dovrebbero sfilare per la vera e unica festa di tutti, quella del 4 novembre. Ma quel giorno non è neanche festivo, figuriamoci. L’Italia di oggi preferisce celebrare solo le ricorrenze ideologiche, quelle che dividono (2 giugno, 25 aprile), non quelle che uniscono (4 novembre, 17 marzo).
Il risultato di queste contraddizioni è che la parata alla fine si fa, ma alla chetichella. E così nel manifesto ufficiale, anziché i soldati, ci finiscono i sindaci. Che, magari, per la Festa della Repubblica sono anche più adatti, ma allora si facciano sfilare loro, non i militari. Lo stesso dicasi per l’atteggiamento ben poco marziale (per usare un eufemismo) tenuto dalla tribuna autorità al passaggio delle nostre truppe. È un evento che non capiscono e non amano. Combattono ogni giorno contro la forza, la disciplina, l’onore, la patria, che ci stanno a fare di fronte ai nostri soldati? Insomma, l’impressione è che il senso di questa parata sfugga ai più, compresi coloro che la organizzano. Resta come un retaggio di epoche passate, un reperto fossile la cui natura sfugge agli studiosi. Come un’ascia preistorica finita a fare da soprammobile sul comodino di un docente con la forfora.
Adriano Scianca
1 commento
Analisi assolutamente condivisibile