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Salvini riscopre la secessione e dice: “Sì a referendum su indipendenza Sudtirolo”

by Davide Di Stefano
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Matteo_Salvini_-_Trento_2015Strasburgo, 12 mag – Sarà stata l’aria di Strasburgo e la presenza alla conferenza dei suoi alleati europei, tra cui il leader della Fpo austriaca Heinz Christian Strache, ma Matteo Salvini si è detto favorevole alla possibilità di un referendum per la riunificazione del Tirolo e riportare così l’Alto Adige in Austria. “Io sono sempre perché i cittadini possano scegliere liberamente tramite referendum sempre, comunque e dovunque”, ha provato a spiegare il leader del Caroccio, “se in Sardegna, o in Salento, in Friuli, in Tirolo, in Quebec, in Bretagna o ovunque vogliono votare per la loro autonomia, sono liberi di farlo“. E’ arrivata poi la domanda diretta: significa che l’Alto Adige dovrebbe votare per lasciare l’Italia? “L’Italia dovrebbe essere competitiva in maniera tale da convincere chiunque che stare in Italia sia meglio”, ha risposto Salvini. “Mi metto nei panni di gente di confine che dall’Italia non ha molto, anzi in questo periodo ha un’immigrazione fuori controllo, e quindi legittimamente può aspirare alla libertà di scelta“. Il segretario leghista ha poi provato a sviare: “Detto questo, il futuro del Titolo non mi sembra la priorità di domani mattina”. Certo che parlando di gente che “dall’Italia non ha molto”, l’obiezione che l’Alto Adige conserva più risorse fiscali sorge spontanea. “Allora il problema non si porrà: se ricevono più di tutti gli altri staranno tranquilli dove sono da tempo”.

Archiviata da qualche mese la versione “nazionalista” (o quantomeno “nazionale”), ecco che agli onori delle cronache si riaffaccia il Matteo Salvini secessionista, o quantomeno convintamente federalista. Quello per il quale la nazionalità e  l’dentità non sono che una “questione fiscale” o al massimo di servizi ricevuti, dove uno Stato dovrebbe “convincere” i propri cittadini a “restare italiani” perché conviene, altrimenti se vogliono “scegliere di votare per la propria autonomia possono legittimamente aspirare alla libertà di scelta”. Soprattutto rispetto all’Alto Adige, questa ambiguità di fondo o questa confusione “identitaria” era sempre rimasta, anche nei mesi in cui la svolta “lepenista” della Lega sembrava più imminente. I rapporti con gli indipendentisti sud tirolesi erano sempre rimasti in piedi e non è un caso se la Lega a Bozlano nelle elezioni di qualche giorno fa abbia perso molti consensi in favore di CasaPound, che ha ottenuto un sorprendente 6,7% rubando parecchi voti al Carroccio. In buona parte della popolazione italiana del capoluogo altoatesino è (fortunatamente) ancora forte il senso di appartenenza all’Italia.

Tuttavia, se anche nei mesi in cui la trasformazione in soggetto nazionale (e nazionalista in stile Front National) della Lega sembrava dietro l’angolo il Carroccio non aveva abbandonato molte delle sue istanze e caratteristiche di soggetto regionalista, ci sono molti aspetti, tra cui parecchi espressi nel libro appena uscito “Secondo Matteo”, che provano lo stop del progetto salviniano e un ritorno ai vecchi schemi. Tanto per cominciare, l'”Indipendenza della Padania“, che doveva essere tolta dallo statuto, resta al primo punto e dunque il Carroccio rimane “un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica federale indipendente e sovrana“. Tra l’altro quest’anno si celebrano i vent’anni dalla famosa dichiarazione di Indipendenza di Bossi e sembra proprio che il tradizionale raduno di Pontida sia stato spostato in settembre per farlo coincidere con l’anniversario che cadrebbe il giorno 16. L'”altro Matteo” rilancia poi l’importanza del federalismo “unica medicina in grado di curare i mali di questo paese” e rinnega l’Unità d’Italia giudicata una “forzatura economica e sociale”. Rispetto alla progettualità politica nazionale ci sono anche qui dei numeri che parlano chiaro. Noi con Salvini, il soggetto che doveva “conquistare” il centro sud portando il vessillo del “capitano” Salvini, è citato appena due volte nel libro, di cui una, come riporta Lettera 43, per citare la protesta sui social network dei “Gattini con Salvini” con Salvini. Non proprio l’importanza che andrebbe riservata alla futura spina dorsale di una rivoluzione nazionale.

Simone Di Stefano parla dal palco della manifestazione di Salvini "Renzi a Casa" in piazza del Popolo a Roma

Simone Di Stefano parla dal palco della manifestazione di Salvini “Renzi a Casa” in piazza del Popolo a Roma

C’è poi la questione della “rottura con CasaPound”. “Molti media, infatti, mi accusavano di essere diventato mussoliniano perché i ragazzi di CasaPound avevano espresso giudizi positivi sulla Lega, soprattutto per la battaglia a difesa del made in Italy, contro i poteri forti di Bruxelles e contro l’immigrazione selvaggia”, spiega Salvini. “Però questo feeling non si è mai concretizzato in un accordo elettorale, tanto che alle Regionali, a Perugia, noi sostenemmo Claudio Ricci che perse per pochi punti percentuali, mentre il leader di CasaPound Simone Di Stefano aveva corso da solo strappando lo 0,6%”. Sostennero Claudio Ricci, candidato di Alfano, in quella che era una anticipazione della strategia attuale, ovvero della riedizione del vecchio centrodestra e della riesumazione della salma di Berlusconi, altro che Front National italiano. E quel feeling non c’è più, anche perché nelle parole di Salvini non ci sono più il contrasto all’Euro e il ritorno alla Sovranità monetaria, la preferenza nazionale per gli italiani nelle graduatorie sociali, mentre rimane il contrasto all’immigrazione ma con toni sempre più esclusivamente securitari e sempre meno identitari, visto che anche l’espressione “sostituzione di popolo” è sempre meno utilizzata. Queste erano le basi del “feeling con CasaPound” e non gli accordi elettorali. Se a causa dello stop nella crescita dei consensi e al mero calcolo delle percentuali Salvini vuole ritornare (ad eccezione del caso sui generis di Roma) al 1994 è liberissimo di farlo, ma la storia e l’Europa vanno in un’altra direzione e serve un minimo di lungimiranza politica per capire la trasformazione in atto nelle categorie politiche. Altrimenti, quello spazio politico, potrebbe essere occupato da qualcun altro. Le appena passate elezioni di Bolzano insegnano.

Davide Di Stefano

 

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Martino Mora 12 Maggio 2016 - 6:08

Scusatemi, ma credo che concettualmente l’errore sia ivostro: voi confondete l’identità con lo Stato nazionale, o perlomeno la riducete a quello. Il federalismo invece è assai più identitario, perchè all’identità nazionale affianca quella locale, comunale, regionale. Non bisogna confondere il nazionalismo (non a caso la nazione politica nasce come società politica degli individui e non delle comunità, sin dal 1789) con l’identitarismo. Lo Stato moderno poi nazionale ha piallato identità, comunità, corpi intermedi. Ha distrutti identità più che crearne. Per questo voi di Casa Poundd- che io mi guardo bene di criminalizzare e di cui riconosco la bontà della lotta contro l’immigrazione – mi sembrate più nazionalisti e statalisti che identitari. De Benoist direbbe “giacobini”. Inoltre tendete a mettere in questione anche l’identità religiosa cattolica, quindi di identitario avete pochino.

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Nessuno 14 Maggio 2016 - 8:52

L’inizio è interessante, la parte terminale no.
Il cattolicesimo è anti-nazionale, va messo in discussione a priori.

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Martino Mora 14 Maggio 2016 - 9:16

Non confondere il cattolicesimo tradizionale con quello modernista dal Vaticano II in poi. I “conciliari” si sono rimangiati l’idea stessa del bene comune. Hanno abbandonato l’aristotelismo tomista per il liberalismo e i diritti umani. I frutti sono sotto gli occhi di tutti.

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Septima Legio 12 Maggio 2016 - 8:58

Se non si è capaci di difendere la propria nazione , ma solo cianciare mentre gente dall’ “altro mondo” scippa lo stato sociale pagato con i nostri contributi , quelli di chi abita l’italia da secoli … e’ meglio dire certe cose sottovoce.

Non penso ad ogni modo che la mafia abbia ancora interessi nel federalismo leghista per continuare a saccheggiare lo stato italiano come fatto negli anni 90 :
sono arrivati gli sciacalli dall’ unione europea .

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Sandro Retico 13 Maggio 2016 - 8:38

Salvino scriptis: “Mi metto nei panni di gente di confine che dall’Italia non ha molto”. Ma stiamo scherzando? Questi sono decenni e decenni che li copriamo d’oro.

Comunque, sciolto l’equivoco Salvini e Lega, avanti tartarughe!

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Anonimo 13 Maggio 2016 - 11:27

Ma che baggianata.L’Alto Adige lo stato Italiano se lo è guadagnato con tantissimi morti,la squallida idea di lasciarlo andare per voto non dovrebbe esistere da nessuna parte.Se gli alto-adigesi vogliono ritornare in Austria possono vendere casa e attraversare il confine,non li ferma nessuno,ma il territorio ora è parte della Nazione e non deve essere ceduto.Si può ripopolarlo senza problemi con un governo adatto certamente non le pagliacciate di Renzi o Berlusconi,incentivi al trasferimento e nascite e via,svuotiamo un po’ le città sovraffollate.Da Nord a Sud ogni regione ha avuto problemi con l’unificazione e tutto ciò che ha comportato fino ad oggi,nessuna di queste è forte abbastanza da giustificare la frammentazione della Nazione e cedere parte del territorio ad un altro Stato.La storia della penisola italiana dalla caduta dell’Impero Romano fino all’unificazione non è qualcosa che andrebbe rivisitata,nonostante il malo modo,e per quali e di chi interessi, essa fu effettuata.

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