Home » Rimini, il monumento della discordia: ancora polemiche sulla statua di Giulio Cesare

Rimini, il monumento della discordia: ancora polemiche sulla statua di Giulio Cesare

by La Redazione
0 commento

Roma, 15 apr – A Rimini si continua a discutere della statua di Giulio Cesare. Ve ne abbiamo già parlato poco meno di due anni fa: correva l’anno 1933 quando Benito Mussolini donò il bronzeo manufatto alla città rivierasca. Un’opera d’arte collocata nella stessa piazza dedicata al condottiero romano, luogo in cui secondo le ricostruzioni storiche il Conquistatore arringò le legioni dirette verso la Città Eterna dopo aver varcato il Rubicone. Gettata nel greto del Marecchia nel secondo dopoguerra, fu successivamente recuperata: oggi è in fase di restauro. Dal 1996 una copia fa capolino in un angolo del piazzale. La questione – nata dalla solita battaglia fuori tempo massimo dell’Anpi – in questi giorni è tornata alla ribalta delle cronache locali. 

Fratelli d’Italia: il monumento torni al proprio posto

Come spesso accade quando di mezzo ci finisce il fascismo, eterno spauracchio da sventolare in ogni occasione, ognuno ha voluto dire la sua. “Giù le mani dalla Resistenza, quella piazza è il simbolo della Rimini antifascista, la statua di Mussolini sarà collocata altrove” ha sentenziato Michele Lari, assessore alla Cultura della giunta di centrosinistra. Si spinge ancora più in là lo storico Daniele Susini che parla di “di memoria contaminata, una rivisitazione storiografica in corso in tutta Europa” in quanto a Rimini la statua di Giulio Cesare, nella piazza che (vale la pena ricordarlo)  per tantissimo tempo ne ha portato lo stesso nome, non rappresenterebbe il valoroso generale romano. Ma – udite, udite – sarebbe “l’incarnazione del Duce”

Decisamente più ragionevole la posizione dell’Associazione Ricerche Iconografiche e Storiche. Per voce del fondatore Gaetano Rossi dicono di non farne “una questione politica ma squisitamente culturale” e al termine del restauro dovrà trovar posto in piazza. Ovviamente non nel luogo originario, ma senza più “nasconderla”. Magari un po’ in disparte, aggiungiamo – sarcasticamente – noi. Ecco che in questo ring mediatico del tutti contro tutti, l’unica cosa pienamente sensata l’ha detta Gioenzo Renzi, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale: “Torni in piazza Tre Martiri, già piazza Giulio Cesare, dove era collocata all’inizio“. 

Rimini e la statua di Giulio Cesare: la storia va raccontata (in tutta la sua complessità)

E qui si tocca un altro nervo scoperto di quella sinistra nostalgica delle bandiere rosse, la lesa maestà dell’antifascismo. Chi erano questi “tre martiri” ai quali oggi è intitolato in via esclusiva il centro della città malatestiana? Adelio Pagliarani, Mario Capelli e Luigi Nicolò, ovvero giovani partigiani gappisti. Complessità e tragicità proprie di ogni guerra: basta una veloce ricerca su internet per trovare le loro foto sorridenti con le armi in pugno. Insieme ad altri complici nell’estate del 1944, per impedire la raccolta del grano, si dedicarono al sabotaggio delle trebbiatrici. Un loro compagno, riconosciuto e catturato, sotto tortura denunciò i componenti della banda, indicando anche la base operativa. Si rivelerà un deposito clandestino di arsenale bellico

Miliziani di corpi irregolari, pienamente operativi nel corso di un conflitto mondiale: condannati alla forca, il loro ultimo grido fu “W Stalin”. Digressione dovuta, oltretutto per una città (quasi) totalmente distrutta dai 388 bombardamenti angloamericani – in guerra al fianco dei russi e contro l’Italia, per chi se lo fosse dimenticato. Ci perdonerà Giulio Cesare se abbiamo dovuto deviare il discorso, ma tanto si doveva per non cadere in partigianeria.

Cesare Ordelaffi 

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati