Roma, 16 apr – L’ennesimo psicodramma del Partito democratico si consuma nella notte, all’assemblea dei deputati dem. Sul tavolo c’è, come noto, l’Italicum. La minoranza interna chiede ulteriori modifiche al testo, ma Matteo Renzi dice no.
Alla fine il sì alla legge elettorale passa con 190 voti, l’unanimità dei presenti mentre all’appello mancano tutti gli esponenti della minoranza. I non votanti sono stati 120: quasi un terzo del gruppo. Tutti i dissidenti, infatti, hanno lasciato la riunione in protesta contro l’intransigenza renziana.
Ma il premier è stato inamovibile: “Questo governo è legato a questa legge elettorale nel bene e nel male”, ha spiegato il segretario, aggiungendo che “chi voterà la proposta della segreteria parte dalla consapevolezza che non esiste la legge perfetta. Chi deciderà di votare contro dovrebbe comunque riconoscere un lavoro di mediazione e di cambiamento lungo 14 mesi”.
Le richieste della minoranza riguardavano l’adozione delle preferenze anche per i capigruppo e la previsione dell’apparentamento al secondo turno.
Ai dissidenti, tuttavia, Renzi offre in cambio solo la sua disponibilità a trattare sulla riforma del Senato. Niente da fare.
“Non si può andare avanti così. Ci vediamo in Aula. E personalmente ho già detto cosa farò”, dice Pippo Civati. “È una questione di stile”, sottolinea Rosy Bindi. “Procedendo di strappo in strappo non so dove si vada a finire”, sostiene Alfredo D’Attorre. “Se si sceglie di andare avanti così io non ci sto”, tuona Pier Luigi Bersani.
C’è poi un altro caso: Roberto Speranza ha presentato poco prima delle 22 le proprie dimissioni da capogruppo Pd: “Non cambiare la legge elettorale – ha spiegato Speranza – è un errore molto grave che renderà molto debole la sfida riformista che il Pd ha lanciato al Paese. C’è una contraddizione evidente tra le mie idee e la funzione che svolgo e che sarei chiamato a svolgere nelle prossime ore. Sarò leale al mio gruppo e al mio partito ma voglio essere altrettanto leale alle mie convinzioni profonde”, ha detto.
Per ora Renzi non fa nessun accenno alla possibilità – contro la quale i partiti di opposizione si sono appellati al presidente Mattarella – di mettere la fiducia in Aula. Ma neanche la esclude.
Approvato dalla Camera a marzo 2014, con 365 sì, modificato dal Senato, che ha dato il via libera a gennaio, l’Italicum è tornato alla Camera per il sì definitivo. L’8 aprile scorso è iniziato l’esame del testo nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio e il 17 scade il termine per presentare gli emendamenti in Commissione Affari costituzionali della Camera. Questo sarà il primo test. Il secondo, più significativo, sarà il voto sugli stessi emendamenti a partire dal martedì 21 aprile. L’Italicum dovrebbe arrivare in Aula il 27 aprile: ma il voto a favore non è scontato. Ci sarebbero almeno 70 deputati Pd pronti a mettersi di traverso.
Roberto Derta