Roma, 10 ott – Altro che stabilità finanziaria e sicurezza politica, una vittoria al referendum secondo i desiderata del governo (vale a dire il ‘Sì’ alla riforma costituzione) potrebbe portarci niente meno che la Troika. Tesi estrema, ma non peregrina visti gli ultimi scambi con la Commissione europea in merito a crescita e deficit.
Il tema è sempre lo stesso: Roma non rispetta l’austerità di bilancio, l’Ue non è soddisfatta degli sforzi e continua a lanciare messaggi. L’ultimo è arrivato pochi giorni, con Moscovici che – commentando le previsioni del deficit/Pil al 2,4% nel 2017 – ha sibillinamente detto “non è la cifra che abbiamo in mente, il governo italiano lo sa bene”. Il governo si era infatti impegnato, sia pur in via informale, a scendere ben al di sotto la soglia del 2, attorno all’1,8%. Con riferimento alla prima stima, Moscovici ha poi rilanciato: “Non penso nemmeno che questa sia la cifra che alla fine raggiungeremo: di nuovo, questo è lo scopo delle discussioni che stiamo avendo”. E’ quindi probabile, secondo Bruxelles, che sforeremo anche il 2,4% previsto.
Al netto dell’ingerenza, al netto della pedante fissazione comunitaria per il rigore di bilancio in tempi di crisi, i timori di Moscovici sono più che giustificati. Anche senza contare le spese extra per l’accoglienza degli immigrati (le quali però sono in buona parte frutto di una deliberata scelta portata avanti da Alfano) e la ricostruzione post sisma – cifre che sono comunque destinate, sia pur parzialmente, ad uscire dal calcolo del deficit – recuperare qualcosa come 0,6 punti per aderire alle richieste della Commissione sembra una missione impossibile. Considerando, inoltre, che per il referendum il governo sta pensando di allargare generosamente i cordoni della borsa. Si va dall’anticipo pensionistico al mancato aumento dell’Iva, dal taglio dell’Ires per il 2017 alla ricerca di risorse per ridurre l’Irpef a partire dal 2018. Misure espansive – di questo va dato atto all’esecutivo – ma che giungono in maniera “sospetta” a ridosso appunto del referendum, dando l’idea che si tratti di stratagemmi per convincere la gran massa di indecisi a schierarsi dalla parte del Sì.
Il risultato finale sarà che, effettivamente, il 2,4% di rapporto deficit/Pil si allontana, peggiorando i rapporti con l’Europa che puntava per l’Italia ad una discesa sotto al 2. In questo modo si mancherebbe anche la possibilità di andare ad aggredire il debito pubblico, il quale dunque non riuscirebbe a intraprendere il percorso di riduzione. Due obiettivi mancati su due: uno smacco per l’Ue, la cui reazione di fronte allo studente indisciplinato che non ha fatto i compiti a casa potrebbe essere poco desiderabile. La Troika, appunto.
Nicola Mattei