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I proiettili perfetti: se anche l’intelligence studia i meme

by Guido Taietti
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Se il grande pubblico è abituato a considerare i meme un simpatico intermezzo nello (spesso) noioso mondo dei social – tra una foto della collega in vacanza e il trito giudizio di un contatto in merito agli eventi geopolitici mondiali – in realtà esiste tutto un filone di interpretazioni sul loro significato e sugli usi più interessanti che se ne possono fare. Ad esempio, esiste un discreto numero di studi accessibili al pubblico – dunque si presume ne esista un numero ancora maggiore di più raffinati e sottoposti a secretazione – che ricadono nell’ambito della ricerca militare, del mondo dell’intelligence e delle psy-ops.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di agosto 2022

Lo studio È tempo di affrontare la questione guerra con i meme (It’s time to embrace memetic warfare) era materia discussa già nel lontano 2015 in un articolo del Defence Strategic Communications (una testata dal taglio accademico interamente gestita dalla Nato), segno che l’ambiente militare aveva già individuato potenzialità in questi «simpatici disegnini». È indubbio che molte caratteristiche dei meme interessino il mondo militare, in particolare quello all’interno del segmento dell’intelligence. Il meme ha una potente viralità, tende a colpire alcuni target anagrafici meglio di qualunque altro media, e ha una grande flessibilità operativa che lo rende concettualmente utilizzabile sia per diffondere alcuni messaggi sia per screditarne altri. Sull’argomento è possibile trovare in rete una discreta quantità di materiale di cui qui cercheremo di fare un’utile summa.

Meme e servizi segreti

Tralasciamo, ad esempio, le analisi storiche, che tutto sommato lasciano il tempo che trovano e risultano piuttosto stranianti da leggere: quanto può essere utile conoscere la storia di un singolo meme, o l’identità dell’adolescente ritratto in una particolare vignetta o in che anno è certificata la nascita di una precisa battuta? Non molto. Più interessante è analizzare il modo in cui il mondo dell’intelligence cerca di sviscerare il fenomeno fino a ridurlo a categorie comprensibili, e soprattutto utilizzabili. Il meme è quindi un’immagine con un elemento testuale che abbina un’emozione o uno stato d’animo o un atteggiamento (di solito una risata) a un evento, un fatto, un giudizio.

Leggi anche: La guerra ai tempi di TikTok

Si associa immediatamente il meme all’idea di uno strumento potente, perché buona parte della comunicazione online tende a essere grafica. Pertanto, il meme risulta essere la forma comunicativa più semplice possibile. Questa semplicità finisce per costituire una leva efficacissima perché allarga la platea potenzialmente interessata non solo in termini verticali – all’interno di una stessa comunità-bersaglio possono essere colpiti target con caratteristiche anagrafiche diverse – ma anche in modo orizzontale, quantomeno più di molti altri strumenti: il meme è cioè in grado di colpire nicchie diverse tra loro e di «passare da una comunità all’altra» spesso modificandosi – se necessario – ottimizzandosi nel passaggio da una bolla all’altra. I servizi segreti inglesi hanno…

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