Roma, 27 ott – All’indomani della rottura tra Draghi e i sindacati sulle pensioni rispuntano Prodi e addirittura Bertinotti: il primo si produce in una accorata difesa del premier – “non può fare tutto da solo” -, il secondo fa presente che lo scontro è la “spia di una crisi sociale occultata”. Per tacere di Renzi e della Fornero, che anche loro difendono Draghi e attaccano i sindacati – “pensate ai giovani” -, vale la pena vedere cosa ne pensano due dinosauri (un po’ più verso l’estinzione di un Berlusconi) come Prodi e Bertinotti. Protagonisti della politica di centrosinistra e sinistra per decenni, i due offrono letture ben diverse sullo strappo sulle pensioni. Prova provata che oggi il Pd (che sta con Draghi e non con i sindacati) sia un qualcosa di ben lontano dalla sinistra come la intende(va) Bertinotti.
Prodi: “Draghi non può fare tutto da solo”
Partiamo da Prodi, il quale in sostanza appare un poco confuso circa il quadro politico attuale. Secondo l’ex premier, intervistato dal Corriere della Sera, Draghi “non può fare tutto da solo. I partiti scaricano, almeno temporaneamente, i problemi su di lui. Ma lui si può interessare solo di quelli più grandi. Invece loro li scaricano tutti su di lui. E se si fa riferimento a Draghi per qualsiasi cosa, dalle pensioni a cose micro, ai singoli problemi aziendali…”, spiega Prodi. “E’ un’illusione che possano essere le singole persone a risolvere tutto“, sostiene convinto. Ma, illusione o meno, il dato politico che forse sfugge all’ex leader di quell’Ulivo che Letta vorrebbe ricreare, è che Draghi deve e vuole fare tutto da solo. E’ stato messo lì da Mattarella e dalla Ue apposta. Per riuscire dove la politica ha fallito. Al contempo l’ex premier è convinto i partiti, dal conto loro, non possono gestire i miliardi Ue del Recovery fund nel 2023: “Non lo possono fare neanche mettendosi in mano a un supertecnico”. Anche qui: Draghi gestisce in prima persona i soldi Ue e i partiti hanno voce in capitolo fino a un certo punto.
Forse Prodi voleva semplicemente dire che l’attuale premier deve restare a Palazzo Chigi e non deve andare al Quirinale. Chissà come mai…
Bertinotti: “Rottura su pensioni spia di una crisi sociale occultata”
Molto più interessante il punto di vista di Bertinotti. Secondo l’ex leader di Rifondazione Comunista ed ex leader Cgil “la questione delle pensioni è la spia di una grande difficoltà che si è voluto occultare. Negli ultimi mesi tutti i fattori di crisi sono stati rimossi e si è diffusa una visione ottimistica: la nave va“. Verrebbe da aggiungere che va “grazie ai vaccini e al green pass”, secondo la narrazione del governo. Bertinotti, intervistato dalla Stampa, non nega una qualche ripresa economica ma avverte: “La crisi sociale invece che lenirsi si sta approfondendo“. I conflitti sociali, spiega, “sono fattori di crisi della stabilità. Ce ne sono di buonissimi: Gkn, Whirlpool e tanti altri. Ci sono conflitti irrazionali e fuorvianti come i moti di Trieste”, aggiunge condannando la legittima protesta contro l green pass.
“Nessuna politica per ridurre la disoccupazione”
Più in generale, il comunista con il cachemire ricorda che “se ripercorriamo i grandi momenti di crisi” vediamo che “si dislocano sempre sul lavoro”. “Il conflitto che non riesci più a sostenere sul piano del lavoro, della precarietà, dei contratti a termine, in qualche modo si sposta e il problema diventa come e quando vai in pensione. La frontiera si sposta dal lavoro allo Stato sociale“. Insomma, un punto di vista propriamente di sinistra, con tanto di condanna di Draghi. Interpellato sulla linea del premier, secondo cui per non perdere competitività servono buone relazioni industriali e minor conflitto, Bertinotti è lapidario. “Un’analisi non solo infondata ma radicalmente classista. E’ stata la rimozione del conflitto che ha portato alla crisi sociale“. Per l’ex presidente della Camera, “abbiamo una ripresa economica e una crescita non virtuose. Anziché ridurre le diseguaglianze, non abbiamo una politica non dico di pieno impiego, ma almeno una risposta ai temi della disoccupazione, in particolare giovanile”. Come dargli torto.
Lo ripetiamo, Letta e il Pd si collocano assolutamente nel solco di Prodi: quello della confusione totale (se si vuole credere alla buona fede) circa i temi che dovrebbero essere cari alla sinistra. Ma d’altronde, come Prodi, Letta pensa a gestire il potere e il suo partito di potere. Alla faccia dei lavoratori.
Adolfo Spezzaferro