Roma, 8 mar- Finalmente la pantomima delle primarie del centro-sinistra è finita. Affluenza bassissima e numeri nettamente inferiori rispetto alle primarie Pd del 2013 per Roma ed anche rispetto alle primarie milanesi. 50mila elettori del centro-sinistra si sono recati alle urne per scegliere il candidato sindaco capitolino, 1omila in meno rispetto ai votanti di Milano (che è città nettamente più piccola ed ha circa 2 milioni di abitanti in meno). Questi numeri hanno però permesso la vittoria dei candidati renziani sia a Roma che a Napoli. A Roma ha vinto Giachetti mentre a Napoli ha vinto Valeria Valente seppur di misura contro il redivivo Antonio Bassolino, ventennale guida della regione Campania e del comune di Napoli.
Ha vinto il nuovo quindi? Il Pd può esultare per il cambio di rotta? Nient’affatto perché, in realtà, questo pseudo strumento democratico non è nient’altro che il mezzo utilizzato dalle correnti di partito per condurre le proprie lotte intestine. Sotterfugi e beghe squallide la fanno da padrone: chi porta a votare più elettori del proprio orticello si assicura la vittoria. E’ un po’ lo stesso meccanismo che adottavano i pr quando si organizzavano le feste al liceo: chi porta più persone ha diritto a più pass o più drink o fa suonare il proprio dj. E dove sarebbe la scelta di “popolo”? Che poi il popolo non dovrebbe essersi stufato della gestione piddina della capitale e di tutta la faccenda di “mafia-capitale? Non dovrebbe essersi stufato del governo Renzi? Infatti questo scollamento dalla realtà delle dinamiche di partito in riferimento alle primarie ed i dubbi sulle regolarità delle stesse sono stati sollevati stesso da esponenti della minoranza interna dei dem. Roberto Speranza per esempio ha dichiarato: “Guai a sottovalutare i numeri dell’affluenza alle primarie Pd di ieri. Numeri che testimoniano un’inquietudine, un disagio di un pezzo largo dei nostri elettori rispetto alla traiettoria del Pd. Elettori che non capiscono dove va il Pd”. E prosegue: “Non è stato facile, inoltre, spiegare ai romani come un’esperienza del Pd si sia interrotta dal notaio”. Altro che trionfo della democrazia come ha detto il vice-segretario Guerini.
A proposito di trasparenza e di partecipazione si fa notare che a Roma a Veronica Pivetti, sorella di Irene, che aveva paventato la possibilità di una sua candidatura a sindaco per l’area di centrodestra, è stato impedito il voto perché non residente nel comune della Capitale. Forse i preposti ai seggi hanno dimenticato che l’attrice ha sempre manifestato simpatie sinistre a differenza dell’ex Presidente della Camera leghista.
A Napoli, invece, il paradosso è stato che l’affluenza è stata più elevata che a Roma ma il Pd secondo alcuni sondaggi sarebbe ultimo. E’ chiaro che in una situazione del genere i candidati appoggiati dal governo (proprio come la Valente che ha ottenuto il 43,7% dei voti contro il 42,2% di Bassolino) abbiano buon gioco nel riuscire a portare “i propri” alle urne. Hanno più struttura, più risorse finanziarie, più appoggi politici ed il gioco è fatto. Poco importa che Napoli sia la città metropolitana che riceve meno finanziamenti strutturali dal governo, il popolo – o meglio il popolo degli elettori renziani del Pd – ha memoria corta e viene continuamente ingannato da chi lo governa con la storiella della partecipazione “democratica”.
Aurelio Pagani