Roma, 8 mag – Il presidenzialismo è uno degli ambiti in cui la destra ha storicamente sempre dato “battaglia”, sin dai tempi della cosiddetta prima Repubblica. E che nelle sue innumerevoli forme – bisogna dirlo – ha sempre cercato di portare avanti. Nel merito, oltre al presidenzialismo in senso stretto, si è sempre parlato dell’idea di un esecutivo forte, più tutelato nell’esercizio delle sue funzioni durante il mandato. Ora il governo propone incontri alle opposizioni sul tema.
Presidenzialismo o premierato
Parliamo, senza mezzi termini, di uno dei pochi ambiti in cui non sono mai state soltanto “parole da opposizione”. Il centrodestra una riforma l’aveva pure elaborata, nel 2006, con il premierato forte promosso dal governo Berlusconi uscente prima delle elezioni nel medesimo anno. Fu bocciata sonoramente al referendum, ma che almeno su quel punto ci sia stata una sostanza anche politica c’è ben poco da discutere. Presidenzialismo come orizzonte generale, premierato forte come sostanza pragmatica: il presidente del Consiglio e in generale l’esecutivo con maggiori prerogative, a riduzione di un potere parlamentare ritenuto eccessivo anche da alcune delle menti che all’epoca elaborarono il nuovo sistema (come Piero Calamandrei). Soprattutto, cercare di ridimensionare il peso di uguaglianza delle due camere, che rende gli ostacoli all’azione di qualsiasi esecutivo ancora più incredibili, è negli orizzonti da decenni.
L’ostacolo è il solito: la sinistra
Come si inizia a parlare di presidenzialismo o di governo forte, partono gli strepiti di una sinistra che vede dittature ovunque, in modo così ridicolo che è pure difficile da interpretare ad ogni nuova rappresentazione teatrale (perché di tale si tratta, a meno di non essere davvero degli ingenuotti). L’ultima scenata ce l’aveva regalata quella volpe di Enrico Letta, che contestava la riforma in quanto passibile di “consegnare tutto il potere ad uno solo”. Racconti fantastici con elfi e nani che ballano dell’allora segretario del Pd. Cosa farà Elly Schlein? Stranamente, per ora, è più cauta: “Avremo questo incontro con il governo. Siccome siamo un partito democratico in cui si discute, faremo una segreteria e ci confronteremo con i nostri deputati e senatori delle Commissioni Affari Costituzionali. E poi andremo a sentire che cosa ha da dire il governo a questo proposito”. Ma considerata la tradizione, non c’è granché da fidarsi. Sulla questione è intervenuto anche Antonio Tajani a Mezz’ora in più, ospite di Lucia Annunziata, dichiarando: “Se l’opposizione si mettesse sull’Aventino, commetterebbe un grave errore. La riforma istituzionale è parte del nostro programma e vogliamo realizzarla. Dovessero scegliere di ritirarsi dal tavolo con la maggioranza sulle riforme, noi andremo avanti. Poi ci saranno i referendum e decideranno i cittadini”. Già, lo spettro del “solito” referendum, che suona un po’ come la solita sinistra: difficile uscirne vincenti.
Stelio Fergola
1 commento
A parti invertite invece sarebbe stato un grande segnale di progresso e civiltà qualcosa che solo loro potevano proporre in quanto templari della democrazia se non proprietari… Quando loro sotto l’egida del pirla toscano volevano eliminare mezzo parlamento nessuno poteva azzardare commenti… Mi fanno talmente schifo che più schifo non c’è…