Roma, 14 nov – Per un’Italia che proprio non riesce a liberarsi dei personalissimi fantasmi del passato – e magari vede il profilo di qualche statista sul massiccio montuoso più alto degli Appennini – ce n’è un’altra che (finalmente) guarda avanti. Ora, su queste pagine abbiamo criticato il governo Meloni spesso e volentieri. Se da una parte non ci scalda particolarmente il cuore l’idea di una destra liberale, conservatrice e – alla bisogna – vannacciana, dall’altra bisogna riconoscere a Cesare quel che è di Cesare. Esattamente: sulle spinose questioni del Ponte sullo Stretto e dell’indipendenza energetica – leggere alla voce nucleare – l’esecutivo sta imboccando la strada giusta. Ma andiamo nel dettaglio.
Ponte sullo Stretto: via libera al progetto
È stato reso noto nella serata di ieri l’ultimo aggiornamento sulla grande infrastruttura più discussa degli ultimi decenni. Le cui pratiche, vale la pena ricordarlo, sono sono state riavviate dal decreto-legge del 31 marzo 2023 (convertito a maggio dello stesso anno). Procede quindi l’iter che di qui a pochi mesi porterà – con ogni probabilità, siamo pur sempre nel paese delle lungaggini burocratiche – alla prima pietra del Ponte sullo Stretto.
Il via libera al progetto che unirà fisicamente Sicilia e Calabria è arrivato dal Ministero dell’Ambiente, la cui ‘commissione per la valutazione di impatto ambientale’ ha autorizzato il piano definitivo. Non senza prescrizioni, c’è da dire: da quanto trapela trattasi di modifiche alle quali i progettisti dovranno attenersi durante lo svolgimento dei lavori. Ad oggi quindi manca solamente il via libera del ‘comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile’. Una risposta attesa entro la fine dell’anno solare.
Tra Scilla e Cariddi
Tra Scilla e Cariddi – i mostri che, secondo la leggenda, qui ostacolarono Ulisse nel suo ritorno a Itaca – nel punto in cui le due regioni sono più vicine, prenderà davvero forma una struttura sia moderna che affidabile? Riportiamo le caratteristiche che pubblica la società concessionaria: un ponte in grado di resistere senza danni ad un sisma di magnitudo 7,1 Mw e a venti con velocità pari a 275 km/h. Avrà tre corsie stradali per senso di marcia, due binari ferroviari (con annesso completamento del collegamento continentale su rotaia Helsinki-Palermo). Risparmio in termini di tempo che va dai sessanta minuti dei mezzi leggeri alle due ore per i treni: va da sé, minori emissioni – qualcuno lo faccia presente agli estremisti ambientali.
Il tutto comporterà in loco la creazione di circa 120 mila posti di lavoro. Ad ogni modo dal punto di vista logistico e infrastrutturale per l’Italia è un passo in avanti. Compiuto con grande ritardo.
Nucleare, l’intervento di Giorgia Meloni
A proposito di ritardi, passiamo al nucleare. Che fosse quella dell’atomo la via da percorrere lo abbiamo scritto (e ripetuto) in tempi non sospetti. Ovviamente non ci avrà letto, ma parlando a Baku nel contesto della Cop29, Giorgia Meloni ha toccato i giusti punti per tracciare il futuro energetico del nostro paese. «Dobbiamo proteggere la natura e l’ambiente, sulla decarbonizzazione serve un approccio non ideologico ma pragmatico. Non c’è un’unica alternativa ai combustibili fossili». Ribadendo la svolta storica che potrà rappresentare il processo di fusione, la premier ha sottolineato l’importanza di arrivare «a un mix energetico equilibrato». Ovvero ancora fossile, più rinnovabile ma, soprattutto, nucleare.
In un discorso più ampio poi la co-fondatrice di Fratelli d’Italia ha quindi cercato di ragionare sul lungo periodo. «Sappiamo che potremmo non beneficiare personalmente dei risultati degli sforzi che stiamo compiendo. Ma non è questa la cosa importante». Ovvero una lezione che tanti politici (di centro, di sinistra e di destra), troppo spesso attratti dai miopi obiettivi quinquennali propri della democrazia, dovrebbero ripassare.
Cesare Ordelaffi